Dentro una divisa, ci sono due occhi e un cuore, c’è una vita e una storia, di un uomo e di una donna, di un ufficiale, un graduato o un soldato, che non vogliono fare la guerra, ma che per mestiere o per dovere, devono assicurare la pace. Oggi 4 novembre 2023, che ricorda il giorno della fine della prima guerra mondiale, viva le forze armate.
Anche Ginosa ha pagato il suo tributo di vite, perloppiù giovani, falciate nel fiore degli anni, da tutti i conflitti.
La guerra è brutta, mi diceva un mio zio carabiniere, Minguccio, Tarantini che l’aveva vista in faccia, prima nelle steppe di Russia, poi nella prigione, quindi nelle fughe verso l’Italia, nascondendosi al buio tra Jugoslavia e Albania, stando attento ad evitare le ronde dei partigiani titini, che lo avrebbero passato per le armi, senza neanche farlo parlare.
La guerra è cattiva; e anche chi si è salvato, ne porterà per sempre le ferite nel corpo e nell’anima, come mi riportavano i racconti di mia nonna, quando mi parlava del padre, nonno Cenzino Perrone, richiamato nella Grande guerra a trentaquattro anni, che avrebbe trattenuto sul viso le ferite di una bomba sul Carso, o come testimoniava Mio zio Egidio Zigrino, classe 1924, che nella Seconda Guerra Mondiale, diventò il più giovane silurista d’Italia e avrebbe ruminato nell’anima quel senso di sconfitta e di difficile rivalsa di tutti coloro che avevano creduto e combattuto per un regime, che li aveva svezzati, forse illusi e forse ingannati, ma al quale loro si erano votati, Per amore o per forza.
La guerra è bugiarda, come stigmatizza, quasi in un ricordo seppiato l’8 Settembre 43, di mio zio Nicolino Perrone, fuggito da Novara e arrivato a Ginosa riparando nelle campagne del Nord, accolto, nel caldo silenzio, al fuoco di famiglie contadine, dove fuggevoli amori, riportavano alla vita, salendo su anonimi treni merci, dove la fame atavica si combatteva con le suole delle scarpe.
La guerra è una notte nera, come quella che avvolse nella neve, l’ultimo treno italiano bombardato sul Don, che trasportava, tra gli altri, anche mio zio Peppino Rotunno, che morì, senza poter sparare un colpo.
La guerra è brutta, bugiarda e cattiva, a tutte le latitudini.
Per questo solo bravi soldati come i nostri, possono mantenere e pronunciare la parola, pace.
Allora anche a Ginosa, un monumento come quello dove il giovane sindaco Vito Parisi ha apposto una corona d’alloro, non è solo una Stele, ma diventa un luogo della memoria collettiva che non muore, che la guerra non può spezzare.
Michele Pacciano
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