Non ne sentiamo più parlare. Sembra essersi eclissata, caduta improvvisamente, in un oblio ingombrante. Eppure l’Aids, la sindrome da immunodeficienza acquisita, il virus che terrorizzava gli anni 80 e 90, proprio come adesso fa il covid-19, ma con molte meno vittime, cammina ancora tra noi, ma i malati, i sieropositivi, non li vediamo più. Eppure tra Ginosa e Laterza, quando il morbo imperversava, abbiamo visto giovani coppie accartocciarsi piano e morire di un amore tossico, di un buco infetto, o di un rapporto non protetto. Abbiamo guardato giovani donne giunoniche, rattrappirsi e diventare quasi cieche, senza perdere l’antica bellezza, per affrontare e cambiare la vita, con il dolce e rabbioso coraggio di non arrendersi, portando in fondo al cuore il prezzo di una relazione folle, forse occasionale e forse sbagliata. Oggi le persone sieropositive, anche a Ginosa e a Laterza, sono volti anonimi, incassati nelle spalle di un dolore sordo, che diventa cupa solitudine, se non rassegnazione e disperazione. Non sappiamo neanche dove siano e come si curino. Forse è vero, noi che guardiamo le altre vite passarci accanto, non possiamo fare nulla, nè contro l’Aids, né contro il covid, tranne rispettare le regole, nel tentativo di scamparla. Non lasciamo, tuttavia, che a coglierci nel freddo di una primavera che non vuole arrivare, sia il morbo, insinuante e subdolo della comune indifferenza.
Michele Pacciana
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