All’undicesimo giorno di guerra, Israele e Hamas hanno dichiarato un cessate il fuoco “reciproco e simultaneo” a partire dalle prime ore di venerdì. Le forti pressioni internazionali, a cominciare da quelle del presidente Usa Joe Biden, si sono infine concretizzate portando le parti ad accettare l’iniziativa egiziana.
Varie fonti indicano che lo sforzo di mediazione, condotto dall’Egitto e dall’inviato dell’Onu Tom Wennesland in Qatar, abbia sortito l’effetto sperato e che la calma è destinata a tornare tra Israele e la Striscia.
Il cessate il fuoco è “una vera opportunità” per fare progressi dopo il conflitto israelo-palestinese, ha detto Biden parlando dalla Casa Bianca, mentre il dipartimento di Stato Usa ha annunciato che il segretario di Stato americano Antony Blinken si recherà in Medio Oriente “nei prossimi giorni” per incontrare le sue controparti “israeliane, palestinesi e regionali” per “lavorare insieme per costruire un futuro migliore per israeliani e palestinesi”.
Un plauso è arrivato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha chiesto a “entrambe le parti di osservare la tregua”. Hamas intanto ha rivendicato la ‘”vittoria”, come ha detto Khalil al-Hayya, numero due dell’ufficio politico di Hamas nella Striscia di Gaza, durante un discorso davanti a migliaia di persone che celebravano a Gaza l’entrata in vigore del cessate. L’alto responsabile del movimento ha inoltre promesso di “ricostruire” le case distrutte dagli attacchi israeliani.
Prima del voto del gabinetto di sicurezza israeliano presieduto da Benyamin Netanyahu, e che all’unanimità ha dato il via libera alla tregua, l’esercito ha presentato ai ministri gli obiettivi militari raggiunti nella Striscia durante l’operazione ‘Guardiano delle Mura’: alcuni di questi “senza precedenti”. Anche Hamas da Gaza ha fatto sapere di aderire al cessate il fuoco a partire dalle 2 di mattina.
Nel mezzo ci sono oltre 4mila razzi lanciati da Gaza su Israele – Gerusalemme e Tel Aviv compresi – che hanno costretto circa un milione e mezzo di abitanti del sud e del centro del Paese a vivere con i rifugi a portata di mano in un’escalation che non trova riscontro neppure nel precedente conflitto del 2014. Le vittime sono state 12 e centinaia i feriti. Un bilancio mitigato dall’Iron Dome, il sistema di difesa antimissili a protezione della popolazione civile che ha intercettato, secondo i militari, il 90% dei razzi. Una Cupola di ferro che anche stavolta ha preservato il Paese.
Dall’altra parte, in una Gaza dove le condizioni umanitarie sono al collasso, ci sono – secondo il ministero della Sanità di Hamas – 227 vittime, di cui 65 bambini, 39 donne e circa 1.900 feriti. L’esercito israeliano con l’operazione ‘Guardiano delle Mura’ ha colpito duro in centinaia di attacchi sulla Striscia la ‘Metro’, ovvero il sistema dei tunnel di Hamas e della Jihad islamica, scavata spesso sotto palazzi civili. Oltre 100 i chilometri distrutti insieme a rampe di razzi, depositi di armi e centri comando. Ma nel mirino israeliano sono finiti anche i comandanti militari e i quadri sia di Hamas che della Jihad. Decine le case distrutte e centinaia gli operativi uccisi, secondo il portavoce militare, compreso il comandante della Jihad del nord della Striscia, Hussam Abu Harbid, mente del lanci contro Israele.
Hamas, hanno sostenuto molti analisti, ha pagato un prezzo durissimo nel suo arsenale e nella sua organizzazione. Ma ha rivendicato, mettendo in ombra il presidente Abu Mazen, di essere diventata il portabandiera palestinese a difesa della Moschea al-Aqsa di Gerusalemme e dei palestinesi minacciati di sfratto per le case contese nel quartiere di Sheikh Jarrah. Oltre che di una parte degli arabi israeliani, in una sorta di guerra civile che per giorni ha imperversato nelle città miste di Israele con tentati linciaggi da entrambe le parti.
Che la tregua potesse concretizzarsi rapidamente lo indicava il forte pressing internazionale che ha visto anche l’arrivo in Israele del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Da alleato dello Stato ebraico, ha ribadito con forza il sostegno al diritto all’autodifesa di Israele ma ha anche rivolto un appello per una tregua immediata sottolineando che “soltanto nella soluzione a due Stati” c’è una prospettiva di pace. Lo stesso hanno fatto la cancelliera Angela Merkel e Abu Mazen in un colloquio telefonico. Nelle ultime ore c’era stato uno ‘stop and go’ dei lanci di razzi. Sono ricominciati e si sono intensificati in giornata dopo una lunga tregua di quasi 8 ore durante la nottata. Le zone sud del Paese sono tornate sotto pesante attacco, compreso un missile anti tank che da Gaza ha centrato a ridosso della linea di demarcazione un autobus militare dal quale erano appena scesi i soldati. Lanci ai quali Israele ha risposto bersagliando di nuovo le postazioni militari delle fazioni.
A schierarsi con l’invito perentorio più volte avanzato da Biden a Netanyahu è stato il leader centrista Yair Lapid, a cui il presidente Reuven Rivlin ha affidato il mandato di formare il nuovo governo. “Un invito che non si può ignorare”, ha detto evidenziando che Israele ha anche altri problemi: l’Iran, Hezbollah e l’accordo sul nucleare di Teheran. Non è un caso che Netanyahu abbia mostrato a Maas i resti di un drone esplosivo che proprio l’Iran ha lanciato contro Israele dalla Siria o dall’Iraq. E si è parlato dei razzi che in questi giorni sono arrivati anche dal sud del Libano. Ora bisogna verificare solo che la tregua sia rispettata.
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