Sabato 12 giugno si è voluta richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, delle forze
politiche e sociali e delle Istituzioni PER SALVARE LA PESCA ITALIANA, L’ECONOMIA
DI MIGLIAIA DI IMPRESE, SALVAGUARDARE IL LAVORO DEI PESCATORI IMBARCATI,
DIFENDERE LA CULTURA E LA TRADIZIONE SECOLARE DEL SETTORE, TENERE APERTI
I NOSTRI MERCATI E CONTINUARE AD AVERE PESCE FRESCO ITALIANO SULLE
NOSTRE TAVOLE.
Una politica dissennata indica la pesca come principale, se non unica
colpevole dello stato di sofferenza degli stock ittici del Mediterraneo
dimenticando che, prima di farne un vero e proprio capro espiatorio, è
necessario individuare e studiare le singole cause e valutare gli effetti
sinergici che queste pressioni possono determinare come impatto sulla
condizione della diversità biologica.
Non è corretto infatti che il decisore politico, ritenendo complicato
quantificare gli effetti di varie forme di inquinamento come le trivellazioni,
le prospezioni geosismiche, i traffici commerciali e militari, gli scarichi
industriali e civili, i cambiamenti climatici e via dicendo imponga
l’applicazione del sacrosanto principio di precauzione solo ed
esclusivamente nei confronti della pesca e dello strascico in particolare.
I problemi complessi non possono essere semplificati per la loro natura di
complessità, ma vanno affrontati seguendoli ed analizzandoli con approcci
multidisciplinari. Solo cosi si possono attuare delle politiche settoriali
oculate e precise. Se occorrono piu fondi per studiare queste complessità
si stanzino piu fondi, ma se vi è una volontà che, semplificando tale realtà,
mira come sempre a colpire le categorie piu deboli ed a preservare i poteri
forti allora questa volontà va smascherata e combattuta a qualsiasi livello
sia nazionale che europeo.
Pensate a partire dalla complessità di questo quadro globale cosi ricco di
contraddizioni, di paradossi, di interrogativi quanto diventa difficile parlare
di sostenibilità ambientale sociale ed economica delle produzioni ittiche a
Taranto e nel golfo di Taranto dove sono presenti tutte le fonti di alterazione dell’ecosistema marino. E quanto è difficile parlare di
sostenibilità economica quando nessuna di queste attività ha mai avuto un
atteggiamento di risarcimento nei confronti del contesto produttivo in cui
esse esplicano le loro esternalità negative. Nel nosto territorio più che
altrove è stato dimostrata la palese responsabilità di queste fonti
inquinanti che hanno nuociuto e continuano a nuocere alla risorsa mare, ai
prodotti della pesca e della miticoltura e all’immagine del settore svilito
socialmente e denigrato a livello internazionale.
Taranto è anche in questo caso un caso SIMBOLICO, dove i pescatori sono
sottoposti a restrizioni e limitazioni per colpe e responsabilità altrui.
Emilio PALUMBO Cosimo BISIGNANO
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