Un simbolo e una ferita. Questo è stato da sempre il passaggio a livello per Marina di Ginosa.
Il centro abitato si è aggregato attorno alla ferrovia; e a quello che una volta veniva chiamato, Ginosa Scalo. Il nome dialettale, invece, tutt’ora molto usato, “Venticinque, non derivava tanto dai chilometri che separavano, la stazione dal Comune madre di Ginosa, quanto dalla vicinanza al casello 25.
Al centro di questa strana concatenazione di toponomastica e cause intrinseche, c’è sempre stato lui, il passaggio a livello, proiezione verso L’infinito di mondi altri, mai definitivamente raggiunti, metafora di un’accoglienza, quasi sempre silente, riuscita e compiuta, verso il forestiero, verso chi veniva da fuori e qui si stabiliva, rimanendo sempre un po’ nomade e apolide, ma anche implicitamente libero, ma essendo nello stesso tempo ed egualmente rappresentando, in un intrinseco rapporto proprio con il passaggio a livello, una cesura a cielo aperto e un processo di crescita mai veramente terminato.
Le traversine, che ora appaiono quasi come un binario morto, hanno rappresentato per tanti, per molto tempo, una forte o esile speranza, di arrivi e partenze, di un rapido verso Taranto e la scuola, di un treno verso un domani migliore.
La stazione non funziona a pieno regime ormai da anni, siamo solo uno sperduto luogo di transito, ma il fascino inconsueto della ferrovia che corre verso il mare, rimane tutto negli occhi dei bambini, che si entusiasmano nel vedere ancora i treni passare e transitare lenti, nello sbuffo di un vagone merci, o nell’annaspare di una vecchia littorina, che si perde in una sirena di notte.
Certo la ferrovia ed il passaggio a livello hanno consumato anche il loro carico di tragedie e di morti, alcuni provocati dall’imprudenza, altri dall’ estremo tentativo di protesta contro una vita che non si comprendeva e non si sopportava.
Marina di Ginosa è forse una delle pochissime località ancora tagliata in due da sbarre di ferro che a volte si sono aperte troppo presto, altri non si sono chiuse quando avrebbero dovuto. Ma tutto sommato, il passaggio a livello fa parte di noi, come tutti i simboli, rappresenta l’identità meticcia di Marina di Ginosa, Gli inverni isolati, di una comunità marinara, ma anche la sua eterna voglia di riscatto, che forse sembra assopirsi sotto la sabbia, ma non dorme; ed è sempre pronta a ricominciare, come ha dimostrato a più riprese, nei momenti realmente importanti.
Forse qualcosa la dovremmo imparare, anche dal passaggio a livello. Forse non dovremmo solo mugugnare, come quando lui si chiude e noi siamo in fila per passare. Forse per le grandi occasioni, bisogna solo sapersi preparare, aspettare il momento giusto e saperle attraversare. (mip)
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