«Il guaio della Magistratura, sono i magistrati. Occorre più formazione, separazione delle carriere e selezione del personale e della classe dirigente in generale. Accanto a magistrati di valore, ci sono anche giudici poco equilibrati. Palamara è solo il capro espiatorio di una situazione incancrenita. È troppo facile imputarla soltanto ad una logica correntizia».
Non fa sconti, Alfredo Mantovano, presidente di una sezione della Corte di Cassazione, responsabile della sezione italiana nella fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” e vicepresidente del gruppo “Livatino”, una compagine che cerca di riformare dall’interno gli ingranaggi della magistratura dopo il terremoto degli ultimi eventi.
Ieri sera, Mantovano, già Sottosegretario all’Interno, che ha iniziato la propria carriera di magistrato a Ginisa come pretore, di cui conserva un ricordo e un affetto indelebili, era a Marina di Ginosa, per presentare, nell’ambito dei dialoghi estivi della parrocchia Maria Santissima Immacolata, il suo ultimo libro “Un giudice come Dio comanda”, sull’esperienza umana, professionale e di Fede, di Rosario Livatino, ucciso dalla mafia e recentemente proclamato Beato, di cui Mantovano ha tracciato un ritratto a più voci, sfaccettato e per nulla agiografico, puntando soprattutto sulla parabola della sua competenza del suo senso del dovere, che si innestava su un cristianesimo intimo e vissuto, da cui tutti, magistrati e non, dovrebbero trarre esempio, per un ritorno rifrangente ad una coscienza integra di ció che si è e di ció chi si fa.
Dopo la presentazione, orchestra dall’avvocato Vincenzo Pizzulli, Alfredo Mantovano non si è sottratto al fuoco di fila delle domande di cittadini, giudici e avvocati, ribadendo come magistratura conti la dedizione ed il comprendere la differenza sostanziale tra in 6magistrato e legislatore. Vogliamo cambiare la magistratura, cominciamo da noi stessi.
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