Molti degli immigrati che lavorano nelle nostre campagne, che magari si sono integrati benissimo, che giocano con noi a calcetto sul campo della parrocchia, hanno provato le prigioni e le torture libiche e ne portano ancora le ferite sul corpo e nell’anima, tanto da non togliere mai la maglietta quando vanno in spiaggia, pur avendo adesso un bel lavoro, una bella famiglia e un permesso da esule.
Il 24 dicembre, si proprio la vigilia di Natale, quella stessa Libia lacerata dai signori della guerra, dall’esercito turco e dai contractor russi, va al voto per eleggere un nuovo presidente. Perché nulla cambi.
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