I piccoli pazienti sottoposti a interventi al cuore dovrebbero essere trattati in una terapia intensiva ad hoc che, però, a Bari esiste soltanto sulla carta. E il primario di Terapia intensiva dell’ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» accusa quello di Cardiochirurgia di errori medici che avrebbero prodotto decessi e lesioni. Una situazione tesissima, nota da anni, in cui la Procura di Bari dovrà fare chiarezza.
I carabinieri del Nas stanno notificando nove richieste di proroga delle indagini firmate dal pm Savina Toscani e concesse dal gip Marco Galesi. A carico del direttore generale del Policlinico di Bari, Giovanni Migliore, del predecessore Vitangelo Dattoli, dell’ex direttore del dipartimento Salute della Regione, Giancarlo Ruscitti, dell’ex direttore sanitario Matilde Carlucci, dell’ex direttore di presidio del Pediatrico, Maria D’Amelio e del direttore del Rischio clinico, professor Alessandro Dell’Erba è ipotizzata – a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità – l’omissione di atti d’ufficio e l’interruzione di pubblico servizio. Nei confronti del primario della Cardiochirurgia pediatrica Gabriele Scalzo e di due suoi collaboratori è invece ipotizzato il concorso nei reati di omicidio colposo e lesioni colpose.
L’inchiesta è nata a seguito dell’invio in Procura, da parte del Tar di Bari, di una diffida firmata dal dottor Leonardo Milella, il primario rianimatore dell’«ospedaletto» che si era rivolto ai giudici amministrativi affinché obbligassero il Policlinico a provvedere sulle sue segnalazioni. Il giudizio amministrativo (Milella era assistito dall’avvocato Felice Lorusso) si è concluso con una dichiarazione di improcedibilità perché, nel frattempo, il Policlinico aveva attivato una convenzione con il Bambin Gesù (anche) per la gestione della cardiochirurgia pediatrica. Ma i giudici amministrativi (presidente Adamo, estensore Cocomile) hanno comunque trasmesso la diffida in Procura. Nel documento si parla infatti di presunte «invasioni di campo» da parte del dottor Scalzo nella gestione dei pazienti che, operati al cuore, vengono poi ricoverati in Terapia intensiva e ai quali – sempre secondo Milella – sarebbero state applicate terapie non concordate con il direttore del reparto. Con risultati gravi dal punto di vista degli esiti.
Dovranno essere le indagini a chiarire se esista un rapporto di causa-effetto tra quanto denunciato e i decessi registrati. I Nas hanno acquisito documentazione dalla direzione sanitaria su una trentina di casi clinici. Ma la Procura ipotizza pure che i vertici del Policlinico e dell’assessorato regionale alla Salute, pur messi a conoscenza del problema dalle numerose segnalazioni di Milella, non siano mai intervenuti fino all’avvio del contenzioso amministrativo da parte di Milella (che nel frattempo si è pure rivolto al giudice del lavoro chiedendo un risarcimento).
La questione è però molto più complessa. Nel 2018 è stato avviato un audit su quanto segnalato da Milella, ma senza arrivare a conclusioni definitive. Sia Scalzo che altri medici hanno presentato esposti ai vertici del Policlinico sul direttore della Terapia intensiva, che nel frattempo è finito a giudizio per il decesso di una 12enne dopo la riduzione di una frattura al femore. «Sono qui dal 2016 – spiega il direttore della Cardiochirurgia – e dal 2017 ho fatto segnalazioni che dicono esattamente il contrario. Sono dispiaciuto, ma sono anche contento che finalmente sarà possibile fare chiarezza. Resta l’anomalia della mancanza di una Terapia intensiva dedicata: questo è il primo deficit che un cardiochirurgo nota».
Nel febbraio 2020 il Policlinico ha annunciato l’apertura di sette posti di terapia intensiva cardiochirurgica, attivando nel frattempo una convenzione con il Bambin Gesù (scaduta lo scorso anno) e designando un nuovo responsabile (nomina impugnata da Milella). Ma poi è arrivata la pandemia e si è fermato tutto. «Nel piano covid – spiega il direttore Migliore – la Regione ha istituito i posti letto di rianimazione pediatrica nei locali e con il personale destinato all’Intensiva cardiochirurgica. Adesso, con la fine dello stato d’emergenza bisognerà riprendere il percorso». Sull’indagine, Migliore si mostra cauto: «Non ho conoscenza esatta della vicenda, ma non mi sorprende che ci sia qualcuno interessato ad adire le vie legali».
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