«Di fronte al decreto Energia dei giorni scorsi abbiamo delle domande che non possono essere evase: si è parlato di abbandono del ciclo completo del carbone, ma al tempo stesso si torna a parlare di aumento della produzione dell’acciaieria tarantina, aumento della produzione che non può non incidere sulla salute dei tarantini. D’altro canto l’azienda annuncia nuova cassa integrazione: meno lavoro per tutti». Lo ha detto l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro nell’omelia del precetto pasquale celebrato nello stabilimento siderurgico.
«Ancora una volta, l’ennesima, le ragioni nazionali, e internazionali, rischiano – ha aggiunto – di gravare su quelle locali, su una comunità disillusa perché da troppo tempo aspetta che quelle industriali siano coniugate con le ragioni ambientali». Mons. Santoro si è soffermato poi sul programma delle bonifiche e ha definito una «pantomima» lo spostamento di risorse «da un capitolo di spesa all’altro senza che nulla sia stato ancora fatto: siamo dove eravamo: il Mar Piccolo è sempre inquinato, i terreni lo sono, con grave nocumento per la diversificazione economica locale». Infine l’arcivescovo ha rivolto un appello «ai responsabili del Governo che sono intervenuti alla 49a Settimana Sociale e ai due partner di questa azienda: fateci ancora sperare che il futuro di questa acciaieria, la più grande d’Europa possa essere diverso; che le ragioni della salute e della vita dei lavoratori e di tutti i tarantini insieme, con la dignità del lavoro possano essere difese. Che si investa nell’innovazione tecnologica. Che – ha concluso – si comincino a vedere i segnali di una inversione di rotta».
IL COMMENTO DEI SINDACATI
«La situazione all’interno degli stabilimenti della ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, ha oramai raggiunto un livello di insostenibilità che, sia chiaro al Governo, rischia di causare gravi conseguenze industriali, anche per l’intero sistema manufatturiero italiano, sociali, con 3000 addetti diretti in cassa integrazione oltre a 1700 ancora Cigs in Ilva A.S., e per il sistema dell’indotto, a pezzi, con altrettante ripercussioni occupazionali». Lo affermano Fim, Fiom e Uilm nazionali, aggiungendo che «l’esempio dell’incidente di Genova, con la presenza della Asl nel sito in queste ore nel sito, è solo l’ultimo episodio (di una lunga serie in tutti i siti del gruppo siderurgico, a partire da quelli gravissimi di Taranto e quello recente a Novi Ligure) a dimostrare lo scarso livello di manutenzioni ordinarie e straordinarie, l’insufficienza dei ricambi e l’inadeguatezza degli strumenti utili per il funzionamento di un’acciaieria (ricambi, braghe, DPI) continuamente denunciati da Fim, Fiom e Uilm». Le sigle metalmeccaniche fanno rilevare che «gli enti esterni restano l’unica via per fornire tutele ai lavoratori e questo squalifica il livello delle relazioni. Non si può pensare di gestire la più grande fabbrica di acciaio d’Europa senza assumere la sicurezza degli impianti e la sicurezza dei lavoratori come preliminare a qualsiasi ipotesi di prospettiva industriale. Dopo il mancato accordo presso il Ministero del Lavoro – osservano ancora – sulla procedura di Cigs per 3000 addetti e le decine di segnalazioni dei nostri RSU/RLS all’interno dei siti le relazioni industriali continuano ad essere latitanti nel fornire risposte adeguate». Fim, Fiom e Uilm «chiedono, per l’ennesima volta, una netta presa di posizione del Governo e la predisposizione di adeguati strumenti ed interventi. Il Governo – concludono – non può continuare ad essere spettatore ed ascolti il nostro grido di allarme».
«L’appalto dell’ex Ilva è nel caos. L’Usb è pronta ad iniziative di mobilitazione». Lo sottolineano Egidio Murciano e Federico Cefaliello dell’Unione sindacale di base di Taranto dopo l’assemblea unitaria di questa mattina davanti alla portineria «Imprese» dello stabilimento siderurgico Acciaierie d’Italia, alla presenza di tutti i segretari di categoria. «Abbiamo rimarcato – osservano – le problematiche che attanagliano da tempo i dipendenti dell’appalto: in primis i ritardi nel pagamento delle fatture ormai scadute, la cassa integrazione alla quale si fa ricorso sistematicamente e anche a sproposito, le ferie forzate, i cambi d’appalto che oramai sono all’ordine del giorno, la scarsa, o meglio assente, attenzione per la sicurezza». “Attendiamo – concludono Murciano e Cefaliello – la fine delle assemblee in Acciaierie d’Italia per condividere in maniera unitaria e decisa le azioni da intraprendere»
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