Nel decennale del sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva, cittadini e attivisti hanno presentato un nuovo esposto alla Procura della Repubblica contro Acciaierie d’Italia sostenendo che la grande fabbrica «continua a inquinare» e che persistono rischi per la popolazione essendo stata rilevata «la presenza di diossina e pcb nelle uova e nelle cozze». Il dossier corredato di foto e video è stato depositato dopo una marcia partita dal Tribunale per raggiungere gli uffici giudiziari di viale Magna Grecia sotto la sigla «Taranto Libera».
A distanza di dieci anni dal sequestro disposto dal gip Patrizia Todisco, «oggi – sottolineano i promotori dell’iniziativa, tra cui Luciano Manna di Veraleaks – le emissioni dagli impianti sono le stesse di ieri. Continuano gli slopping, le emissioni dagli altoforni, dalle cokerie, dall’agglomerato. Dopo dieci anni ci chiediamo: di chi è la diossina e il pcb che ancora oggi continua ad essere rilevata negli alimenti della nostra catena alimentare locale? L’avvelenamento delle sostanze alimentari è un reato che è stato già condannato nel processo Ambiente svenduto, quindi vogliamo sapere di chi sono le sostanze inquinanti e cancerogene che arrivano sulle nostre tavole tramite gli alimenti della filiera locale».
Nell’esposto si sostiene che «in campioni di uova di gallina prelevati il 10 giugno 2021 e il 9 settembre 2021 da due aziende avicole di Taranto che distano poco più di 10 chilometri dall’area industriale sono stati oltrepassati i limiti di azione per il pcb diossina simile». Passando «ai mitili – viene denunciato – si riconferma nel 2022 la critica persistenza degli stessi inquinanti con il superamento del limite di azione per il parametro pcb e del limite massimo per il parametro sommatoria diossine+pcb».
Perché, attaccano gli attivisti, «non interviene nessuno nonostante i dati che seguono nel presente comunicato sono pubblici sul sito della Asl di Taranto? I regolamenti europei che definiscono i limiti di azione e i limiti massimi parlano chiaro: già al superamento del limite di azione bisogna eliminare la fonte inquinante. Dal 2011 sino ad oggi (i dati che seguono sono aggiornati al 2022) diossine e pcb permangono nei nostri alimenti e causano un danno sanitario non più accettabile».
Si aggiunge che «i lavoratori agricoli della terra e del mare sono stati già abbondantemente colpiti a causa delle emissioni inquinanti che hanno azzerato la mitilicoltura e compromesso altre attività che si sostentano con i pascoli e gli allevamenti bovini, caprini, avicoli». Ancora «oggi come ieri – chiosano i firmatari della denuncia – tocca al cittadino rilevare i reati penali che nella gestione ArcelorMittal prima e Acciaierie d’Italia dopo compiono gli stessi reati che hanno portato la famiglia Riva ad essere stata condannata nel processo Ambiente svenduto. In tutto questo è a dir poco vergognosa la gestione che si è succeduta sugli scranni dei commissari di Governo, coloro che difendono impianti che vanno chiusi e hanno anche il coraggio di chiedere il dissequestro degli stessi».
Tra le altre iniziative di ieri, per il decennale del sequestro, un confronto tra gli attivisti nell’agorà di piazza Marconi su iniziativa di Giustizia per Taranto e poi un recital di poesie organizzato dal Comitato cittadino per la Salute e l’Ambiente, davanti alla cosiddetta «targa della maledizione», in via De Vincentis. Un’iniziativa di narrazione collettiva «per raccontare quella giornata, o altre giornate che in questi dieci anni hanno fatto la storia di Taranto. Alla brutalità di un disastro ambientale – ha detto il presidente di Peacelink, Alessandro Marescotti – in questi dieci anni abbiamo saputo opporre le ragioni della scienza, la resilienza della speranza e la forza della giustizia».
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