TARANTO – «Sono più di 40 anni che ci muoviamo in mezzo alle onde di questo mondo anche tra i venti contrari», dice il padre gesuita Mario Marafioti, parlando della Comunità Emmanuel da lui fondata. «Grazie a Dio – aggiunge – abbiamo camminato con una consapevolezza: noi non possiamo essere felici da soli, tutti abbiamo bisogno di vivere e di realizzarci nella vita perché cerchiamo qualcosa che risponde al nostro bisogno. Però la sensazione di pensare al mio bisogno, alla soddisfazione del mio bisogno, come spesso diciamo ai ragazzi con problemi di dipendenza, è solo mia». Bisogna cercare «la propria realizzazione rivela padre Mario – ma non da soli, insieme a quelli che hanno più bisogno di noi. Per cui i primi volontari erano persone comuni, persone anche abbastanza realizzate nella società. Però cercavano ancora, volevano un di più nella vita. Ci siamo messi insieme e abbiamo trovato due direzioni: la vita interiore, Dio che chiama e noi che appresso a lui che abbiamo deciso che avremmo realizzato la vita nella maniera più degna e così è stato, perché ogni mattina ci alzavamo chiedendoci chi è che ha chiamato questa notte?».
Anni dopo l’unione di intenti di quei volontari, nel 1990 è nata la Comunità Emmanuel che oggi è presente in vari settori: famiglia e minori, disabilità, dipendenze, immigrazione e sud del mondo, formazione e promozione sociale e un settore di servizi generali. «Ci dobbiamo ancora mettere fra le onde, ancora in mezzo ai venti e ancora con la voce che chiama e la volontà di rispondere con la vita al grido della terra e al grido della croce», conclude padre Mario. A marzo la comunità, che si trova accanto al Centro Ospedaliero Militare, aveva già contato 4301 “passaggi brevi”, significa 4301 persone che si sono fermate sulla soglia del Centro di prima accoglienza della Comunità Emmanuel per usufruire dei servizio di prima necessità, solo nell’ultimo anno. Di questi sono 194 le persone che poi hanno iniziato un percorso e sono state “accolte” e con loro le famiglie.
«Abbiamo bisogno della forza che viene dalla città», dichiara Maria Anna Carelli, responsabile del Centro Diurno «la città è fatta da istituzioni, dai volontari, dagli accolti. Noi abbiamo sempre tantissimo lavoro davanti a noi, per questo abbiamo bisogno che tante presone si avvicinino. Teniamo molto ad una frase fondamentale di Anthony de Mello che dice: se tante piccole persone in tanti piccoli posti fanno tante piccole cose può cambiare la faccia di tutta la Terra. Noi contiamo su questo, non vogliamo l’aiuto di chissà che o chissà cosa, ma di piccoli aiuti che ci diano la forza di continuare». «Con il volontariato – spiega – abbiamo continuato a sostenere l’attività nei confronti delle persone. Non abbiamo voluto lasciare nessuno abbandonato a se stesso. Intendiamo offrire un’opportunità di accesso e di cura a tutte le persone che, non avendo risorse, né di tipo familiare né di tipo culturale, economico, hanno bisogno di trovare qualcuno a cui rivolgersi per fare una doccia, prendere un caffè caldo o avere indumenti puliti e coperte».
Pierpaolo si è affacciato alla comunità 4 anni fa ed era in una situazione piuttosto critica: «Inizialmente – afferma – non ero propenso, se uno si affida e si fida ha dei risultati. Io sono uscito dal carcere nel gennaio 2020 in piena pandemia e ho continuato a collaborare con la comunità, per fare qualcosa che mi desse un motivo per vivere, autostima, motivazioni che portano alla vita normale. Poi mi sono impegnato un pochino di più e ora faccio parte del progetto “la piccola lavanderina”, che è retribuito». Il progetto di cui parla Pierpaolo è l’unico progetto di auto sostentamento per il centro: si tratta di una lavanderia vera e propria, che si paga con un’offerta.
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