L’inferno d’inverno brucia più dell’estate. Lo vedi meno. Perché non ci sono i vacanzieri. Ma morde sotto traccia. Con la stessa ferocia. Sì perché gli schiavi delle campagne non sempre riescono ad andare via. E i caporali non smobilitano, lì dove c’è bisogno disperato di manodopera immigrata.
Chi è partito perché da due settimane s’è conclusa la campagna del pomodoro, è sostituito da chi conta sulla stagione del fresco: finocchi, verdura, carciofi. In attesa della raccolta delle arance e soprattutto aspettando il gennaio delle fragole. L’attesa fa tremare i polsi perché nel Metapontino arriveranno carovane di uomini e donne, con bambini al seguito. Sbarcherebbero nel nulla cosmico se non fosse per i ghetti informali, casolari abbandonati. Embrici rotti, angoli spogli di muro, anfratti da vergogna.
Il «giro d’Italia» della manodopera immigrata ha dinamiche cicliche. E Metaponto è tappa fissa nelle rotte terrestri degli stranieri che sopravvivono con gli spiccioli raccattati in campagna
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