(Nota stampa a firma di πππ ππ’πππ π
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Nei giorni scorsi, precisamente mercoledΓ¬ delle Ceneri, ho fatto visita al reparto Hospice dell’ospedale di Mottola, l’unico hospice pubblico della provincia di Taranto. Qui ho incontrato il Dottor Antonio Rinaldi, il Dottor Rocco Semeraro e la psicologa Dottoressa Lucia Jacobellis. Non vi nascondo che entrare in quel reparto dove sono ospitate, come degenti, le persone che vivono l’ultimo tratto della propria vita, Γ¨ stato per me difficile e nello stesso tempo carico di una strana emozione fatta di timore, di desiderio di vedere una realtΓ tutta da scoprire, di speranza di farmi “prossimo” alle ferite del corpo e dell’anima di queste sorelle e fratelli provati dalla malattia. I miei timori sono svaniti non appena ho varcato la soglia del reparto incontrando delle persone straordinarie che assolvono alla loro missione con amore ed abnegazione. La gentilissima caposala, le infermiere, le operatrici sanitarie mi hanno dato prova che la “buona sanitΓ ” esiste e che l’essenza dell’amore per gli ammalati non Γ¨ una teoria astratta ma che qui ha trovato il modo piΓΉ sublime e genuino per essere messa in pratica. Indossando il camice verde mi sono tuffato in un’altra dimensione che corre parallela alle nostre vite. La dimensione del “dolore” che furtivamente ed inaspettatamente ci raggiunge e che puΓ² essere passeggero ma anche compagno di viaggio. Qui, in questo reparto, il “dolore” diventa quasi routine, una sorta di sentimento da esorcizzare. Ecco quindi come diventa importante il ruolo dei medici e degli operatori. Qui sono chiamati a dare un cuore ed un’anima. Credo di aver trovato qui tutto questo. Ho trovato ambienti confortevoli, i pazienti in stanze singole, con bagno in camera, dotate di frigo e televisore, di un divano letto in grado di ospitare un caregiver per tutta la durata del ricovero. Zone relax, cucina, la tisaneria, la sala da pranzo, zona riunioni e ambulatori medici, sono il corollario di un reparto efficiente e davvero confortevole. Qui il paziente non Γ¨ lasciato solo nemmeno per un attimo. Andando via con il cuore rinfrancato e con la promessa di ritornarci mi sono venute in mente le parole illuminanti di don Tonino Bello, vescovo della diocesi di Molfetta, morto per cancro 30 anni fa circa. La croce di Cristo come “collocazione provvisoria” e come le tre del pomeriggio, l’ora in cui GesΓΉ Γ¨ spirato, Γ¨ il tempo ultimo in cui tutte le croci saranno abbattute, dove persino Dio considererΓ abusiva ogni presenza di una croce dopo quel tempo. Lasciando l’ospice ho lasciato quel “tempo” dove ho incontrato il tepore e l’abbraccio di Dio.
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