GINOSA – Per tutti i ginosini tra gli anni 40 e 90 del Novecento , a qualunque latitudine e in qualunque pezzo di mondo si trovassero, lui, Vittorio Brunone era “Il Barbiere!” senza bisogno di ulteriori precisazioni o aggettivi.
Nato a Ginosa, il 12 febbraio 1921, aveva cominciato a familiarizzare con i ferri del mestiere, sotto la guida attenta di suo padre, Vincenzo Brunone, fin dalla tenerissima età.
Il padre non gli faceva sconti. Il primo gradino per un apprendista barbiere, come mi raccontava nel corso di lunghe chiacchierate durante la mia infanzia e la mia adolescenza, è imparare a preparare la schiuma da barba, per poi insaponare dettagliatamente ogni cliente, seguendo alla perfezione le curve del viso di ciascuno.
Vittorio era cattolicissimo, di quella fede intima e vissuta che si respira per le vie del centro storico del paese. Non a caso il suo salone da barba era a pochi metri dalla chiesa dei Santi Medici e dalla parrocchia di San Martino, lungo la via principale nel Borgo Antico, dove, guardati di sottecchi dalla torre dell’orologio, si snodavano i palazzi dei nobili e il vecchio Municipio di Ginosa.
Abitava, quasi fosse un segno del destino, in via Calvario, proprio dietro la chiesa di San Martino. Dove spesso serviva a messa.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, come tutti i veri uomini di fede, non era bigotto e si nutriva della stima del rispetto dei suoi clienti, basato soprattutto sulla riservatezza e sulla discrezione, di chi sa ascoltare, doti che difficilmente l’immaginario collettivo di un paese di provincia, come il nostro attribuisce ad un barbiere.
Nel suo salone non trovavi mai i calendarietti profumati di donnine nude, che hanno da sempre inebriato i sogni proibiti di noi ragazzi.
Al massimo ti poteva capitare tra le mani una copia incensata di Madre Regina, o, più in là negli anni, Famiglia Cristiana.
Lasció il suo salone soltanto per partecipare al secondo conflitto mondiale.
Della guerra il ricordo più vivo che avesse, come amava raccontare, era il periodo nel quale era stato assegnato alle truppe alleate di stanza a Taranto, facendo barba e capelli agli ufficiali americani e inglesi, raccogliendo le loro confidenze anche intime e imparando quel poco di slang americano e di swing che non avrebbe mai dimenticato.
Come quella volta in cui soccorse nottetempo un ufficiale inglese, Lord dell’Ammiragliato, che aveva passato una notte brava in una viuzza nascosta che costeggiava il porto nella città vecchia di Taranto.
« No Short, Just rem, Sir!»
Gli anni d’oro di Vittorio furono sicuramente quelli del dopoguerra della Ricostruzione e del boom economico. Nel 1954 con viaggio di nozze a Roma, aveva sposato Lucia Bitetti, una donna dolce energica e determinata, che per Vittorio è stata la vera e propria colonna della vita e della casa, facendosi carico e prendendosi cura, fin dal primo giorno dopo il matrimonio, delle due sorelle nubili del barbiere, che hanno sempre vissuto con il fratello e che a volte si affacciavano discrete sulla soglia della barberia, per pulire il pavimento, i mobili e le poltrone. L’affilatura dei rasoi e delle forbici era un compito giornaliero, al quale Vittorio provvedeva personalmente, su una lunga striscia di pelle, al lato del grande specchio. Senza mai permettere a nessuno dei suoi lavoranti che pur si sono succeduti numerosissimi nel tempo, di mettervi mano.
Ma il vero orgoglio di Vittorio erano i suoi figli. Enza, oggi stimata insegnante della scuola primaria e Vincenzo, ingegnere, tecnico alla direzione regionale dell’INPS di Bari, esperto della sicurezza sul lavoro e impegnato nel mondo del volontariato.
Negli anni, coniugando famiglia, lavoro e impegno laicale nella Chiesa, quel barbiere minuto schivo e tenace, che a me da ragazzo ricordava vagamente le fattezze di Braccio di Ferro, è diventato, quasi suo malgrado una vera e propria istituzione e un pezzo di storia di Ginosa.
Sulle sue poltrone, passarono tutti i notabili di Ginosa, i contadini riscattati dalla riforma agraria, oltre ai giudici e notai e marescialli dei Carabinieri, senza contare i preti, che qui hanno prestato servizio.
Oltre che cattolico, Vittorio era, manco a dirlo, democristianissimo. C’è da scommettere che nelle turbolente elezioni del 1948, fu lui a fare la barba a Don Rocco Lombardi chi lanciava anatemi contro i comunisti e prendeva a scappellotti e schiaffi i ragazzi che distribuivano L’UNITÀ, la domenica.
Il cattolicesimo militante di Vittorio ne faceva la vittima designata dei goliardi e buontemponi di paese. Come quando mio padre, suo affezionato cliente, gli infilò tra le pagine di Famiglia Cristiana niente meno che una copia del giornale osè “Le Ore” tra lo sgomento da infarto del barbiere e gli improperi di complice dissenso di tutti gli altri clienti che assistevano divertiti alla scena. Tra loro, secondo un racconto sempre più colorito di particolari piccanti, c’era niente meno che padre Paolo Bergamini, energico e salace parroco del Cuore Immacolato di Maria a cui non mancava certo il sense of humor e a cui Vittorio, proprio in quel momento stava facendo la barba gratis, come usava per tutti i sacerdoti.
Tutti conoscevano le convinzioni politiche e religiose di Vittorio. Ma il il suo salone, specie nel periodo rovente delle elezioni, era un campo neutro. Poteva anche capitare che si incontrassero nella barberia, il dottor Cosimo Inglese, indimenticato leader Socialista e il dottor Pio Franco Ranaldo, campione riconosciuto dello schieramento conservatore, che gravitava intorno alla Democrazia Cristiana, protagonisti di scontri epici e stagioni politiche al valor bianco. Acerrimi avversari, nelle piazze e nei quartieri di Ginosa, quando si sedevano sulle poltrone di Vittorio, che ricordavano in tutto e per tutto quelle su cui il gangster Salvatore Anastasia fu crivellato di colpi in una barberia di New York, i due grandi contendenti issavano bandiera bianca.
Grande amico del barbiere e assiduo frequentatore del suo salone, era anche il giudice Siclari, per anni giovane pretore di Ginosa e poi primo Procuratore nazionale antimafia.
Vittorio Brunone era una persona integerrima e aperta il prossimo. Tutti noi ricordiamo con affetto Mario Mutidieri Allora le persone con Sindrome di Down erano chiamate mongoloidi e spesso segregate per vergogna tra le mura di casa.
Vittorio accolse Mario nel suo salone e lo fece diventare la mascotte di tutti i clienti, a cui offriva il caffè e un sorriso.
Mario si sentì valorizzato e impegnato e fece grandi progressi sulla via dell’integrazione, ma soprattutto imparò ad amare la vita. Ora Vittoria e Mario camminano insieme per i Campi Elisi. E chissà se qualche volta, con un inchino, non facciano la barba a San Pietro. Il Padreterno sarebbe troppo, forse anche per Vittorio.
Ma chissà, come diceva lui, non poniamo limiti alla Provvidenza.
Su di lui, Vittorio, il decano dei barbieri di Ginosa, che ha formato molti Figaro di nuova generazione tra cui il famoso Tonino Scorpati, girava una barzelletta, partorita dalla fantasia, a volte feroce, del dottor Corrado Strada, professore universitario s Bari, Insigne radiologo di fama internazionale e ultimo vero dandy di Ginosa.
Il professore, che tutti abbiamo conosciuto come Don Corrado, proveniente da una delle grandi famiglie di Ginosa, gaudente di prima classe ed anticlericale impenitente, raccontava una sua avventura ad un Vittorio estasiato.
“Vittó, Vittó, tu non sai che cosa mi è capitato…!”
“Dite, don Corrado, dite…!”
“Mi sentivo strano. Era come se una luce mi guidasse.
” E che é, successo, dottó, che è successo?”
” Vittorio mio, Vittorio mio, Sono andato a Roma!”
” A Roma, voi? E Perchè? Perchè? ”
” Vittorio! Sono andato dal Papa!”
” Dal Papa, da sua Santità, da Karol Wojtyla?? ”
“Si, Vittorio, proprio io, Corrado Strada. Ci pensi?”
“Madooo!”
“Aspetta, non sei ancora nulla!”
“Vittorio, il Papa, mi ha Chiamato!
Ha puntato il dito dritto verso di me!.
” Allora allora?”
“ Vttorio, per la prima volta mi sono inginocchiato! Mi sentivo tremare!”
il Papa mi ha guardato negli occhi e mi hai chiesto di botto:Dimmi figliolo, CI CAZZ T’HA FATT CHIR CAPIDD?
Al di là dei molti aneddoti, di cui la memoria di Ginosa è ricca. Il nostro paese non sempre è riconoscente verso i suoi figli.
Con Vittorio Brunone, Ginosa ha fatto una doverosa eccezione.
I familiari hanno donato tutti gli attrezzi e le suppellettili della sua antica barberia al Comune di Ginosa, che nei locali che hanno ospitato il suo negozio, già di proprietà pubblica, ha allestito niente meno che il museo del Barbiere del Parrucchiere, grazie all’estro e alla fattiva partecipazione di Tonino Scorpati. Come dire: l’allievo di successo rende omaggio al vecchio Maestro.
Chapeau!
Ecco un album di ricordi. Qualcuno si riconosce?
Michele Pacciana
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