Non si ferma la piaga del caporalato e del lavoro nero nelle campagne di Puglia e Basilicata. Il contrasto a questa vera e propria piaga che dilaga nelle masserie dal Tavoliere al Metapontino, anche per mancanza di manodopera locale, il bracciante di un lavoro che nessuno vuole più fare, oltre ai costi elevati della manodopera, non conosce tregua e si muove su più fronti.
Dalle prime ore dell’alba i carabinieri di Policoro (Mt) hanno eseguito dieci arresti (uno in carcere e 9 ai domiciliari) nei comuni di Policoro, Scanzano Jonico, Pisticci e Bernalda, insiene al Nucleo Ispettorato del Lavoro di Matera.
L’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Matera su richiesta della locale Procura della Repubblica vede i 10 indagati ritenuti responsabili di associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravati. L’operazione è chiamata Veritas.
In particolare è emerso che un imprenditore agricolo, insieme alla figlia e ad un suo fiduciario, reclutava all’estero numerosi braccianti che per poter ottenere un contratto di lavoro e avvalersi del “decreto flussi” dovevano corrispondere ad un intermediario del posto la somma di 6mila euro. Giunti nel Metapontino, venivano sistemati dall’organizzazione in strutture fatiscenti (tre delle quali già sottoposte a sequestro nel corso delle indagini), pagando un affitto di 3 euro al giorno, e da dove venivano prelevati e condotti nei campi da 7 caporali (tutti stranieri).
È stato accertato che i braccianti effettuavano prestazioni lavorative di 8/10 ore giornaliere, anche nei giorni festivi, con picchi fino a 16 ore, a fronte delle 6 ore e mezza previste dal contratto collettivo nazionale. La retribuzione sotto soglia consentiva la mera sopravvivenza delle maestranze, che hanno poi sollevato lamentele relative a ritardi nel pagamento dei salari, parlando direttamente con i carabinieri di Policoro nel corso di un normale controllo. Lo scenario emerso poi dagli approfondimenti si è rivelato ben più grave.
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