Sono molte le conseguenze che la pandemia ha causato su di noi e sulle nostre abitudini mentali. Una soprattutto ci inquieta, perché è nascosta e subdola. Ci siamo abituati all’ansia, la paura strisciante, a non abbracciarci, siamo anche disposti a rispettare regole stringenti, pur di evitare il contagio, che in questa seconda ondata ci appare sempre più vicino e incombente, quello di cui non sembriamo renderci conto è che il virus, pur sembrando il contrario, ha inesorabilmente ristretto i nostri Orizzonti. Anche se nascosti dietro uno schermo, ci sembra facile raggiungere l’ovunque, nutriamo una certa insofferenza verso il mondo dell’altrove, verso tutto quello che ci appare altro, lontano da noi e dal nostro cortile, che viviamo come un mondo angusto ma inevitabile. Oggi si è votato in Kazakistan, le donne, che ne hanno ha avuto il coraggio, si sono rapate a zero, nell’estrema protesta contro un regime repressivo e fobico, che chiuso nella più rigida osservanza della sharia, la legge islamica, nega loro ogni forma di espressione e di emancipazione.
Ormai la politica, anche quella estera, come insegna Donald Trump, la viviamo soltanto come una questione di pancia. La domanda ci sale dallo stomaco, come fosse bile verde: «Ma dove cavolo è il Kazakistan? Ma che ce ne importa a noi?
Certo, ad una prima analisi, questo interrogativo potrebbe rivelarsi ineccepibile. Se andiamo più a fondo, però, ci rendiamo conto di quanto questo approccio sia irrimediabilmente sbagliato.
L’ex Repubblica Sovietica, che si trova all’altro capo del mondo, oppressa da una dittatura, con cui sottotraccia, tutti facciamo affari, è tra le maggiori riserve di gas naturale del mondo. Il gasdotto che passa da Melendugno in provincia di Lecce, contro cui si batte ormai solo un risicato manipolo di ambientalisti, neanche più tanto convinti delle loro ragioni, verrà nutrito e partirà proprio dal Kazakistan.
Il Paese ai confini del mondo, è il luogo da dove partono i maggiori satelliti per osservare il mondo, per non parlare delle immense risorse di petrolio e di altri minerali, che ci riforniscono di energia quotidianamente. L’ex Unione Sovietica, è un territorio troppo vasto, perché la democrazia non si trasformi troppo presto in oligarchia o in democratura, ma proprio per questo il Kazakistan ci fa comprendere, come siamo tutti interconnessi in un villaggio globale e come le donne discendenti da Gengis Khan, ci interessino non poco. Guardiamole, alcune sono anche molto belle. Non lasciamo che il covid ci riduca, in una regressione progressiva, a dei trogloditi di digitali, in uno stato post tribale. Ginosa, Laterza, Castellaneta, non sono il centro del mondo, ma sono un pezzo imprescindibile del mondo. Non ammorbianoci fino a dimenticarlo.
Michele Pacciana
PIÙ COMMENTATI