Lei si chiama Melina. A margine della nostra inchiesta sul randagismo, ricostruiamo la sua storia, a spizzichi e e bocconi, nutrendola dei ricordi di chi sa.
Tutti i racconti concordano, sembra che Melina si è stata investita anni fa a Marina di Ginosa, all’altezza del Blue Moon, La Primavera nostra discoteca estiva, che forse era stato già dismesso. Per quanto sia ormai anzianotta, Melina non può ricordarlo; e comunque non ha la parola per dirlo. C’è chi rammenta che forse la presero in pieno, proprio volontariamente, perché qualcuno ne aveva fastidio, proprio dove avevano ballato migliaia di vacanzieri spensierati, magari accompagnati, in amori estivi, da “Una rotonda sul mare”.
Da tempo Melina è accolta , nutrita e coccolata al canile rifugio Alma Tamborrino, di Ginosa, Dove gioca e si diverte con gli altri cani, che a volte si rifugiano sulle montagnole di ghiaia, dove lei non può salire.
Melina è stata una scommessa e una rivincita contro tutti quelli che la volevano morta, anche augurandole una fine pietosa.
Come si può vivere con le zampe mozzate, non è meglio un colpo secco e la finiamo di soffrire?
A volte non ce ne accorgiamo, ma esistono anche animali disabili, esattamente come gli uomini. La storia di Melina, è la perfetta metafora del nostro diverso modo di porci e di essere.
Da Sparta alla Berlino nazista, tutti gli Esseri, nati deformi, venivano eliminati, perché qualcuno, in alto, si arrogava il diritto di scegliere per loro cosa fosse meglio.
Noi ci siamo sforzati di accogliere, perché il meglio che ci resta, È vivere, e cerchiamo di farlo al Meglio. Che si tratti di uomini o di animali. Perché se ci scavi dentro, se pure in un diverso involucro, ci trovi un’anima uguale. Per questo servono, diversi ospedali, servono i canili rifugio e i canili sanitari. Per questo serve un onorevole compromesso tra i diversi tipi di cura, che pongano sempre al centro il malato; e non il male, o peggio, la malattia. (mip).
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