Erano arrivati sul confine tra Bosnia e Croazia per osservare le operazioni anti-immigrazione della polizia croata. Ma per la prima volta nella storia dell’Unione Europea quattro europarlamentari sono stati respinti senza troppi complimenti dalla polizia.
Sono stati momenti di alta tensione quelli nella foresta di Bojna, in territorio croato, dove il vicepresidente della Commissione diritti civii dell’Ue, Pietro Bartolo, è stato inseguito con altri tre colleghi del gruppo dei Socialisti democratici per impedire che potessero raggiungere il posto di controllo, dove abitualmente migranti e richiedenti asilo vengono ricacciati indietro.
Il sentiero attraversato da “Avvenire” alcune settimane fa era stato bloccato da diversi furgoni della polizia e da una ventina di agenti di confine. Dopo un lungo e inutile negoziato, passato attraverso l’ambasciatore della Croazia in Italia, Pietro Bartolo, seguito da Alessandra Morretti, Pier Francesco Majorino e dal capodelegazione Brando Benifei, insieme a tre reporter, ha superato il nastro di cellophane con le insegne della Polizia, avviandosi verso la sbarra che separa i due paesi, distante meno di 300 metri.
A quel punto il comandante ha ordinato agli agenti di inseguire il gruppo di osservatori e impedire che potessero vedere il check point nel bosco. Ne è nato un inseguimento lungo la strada sterrata tra i campi. Mentre diversi agenti hanno afferrato i giornalisti, una dozzina di altri ha ostruito il passaggio disponendosi a barriera tra le proteste dei parlamentari.
“Cosa c’è da nascondere? Se vengono rispettate le norme internazionali, come viene dichiarato dal governo croato, perché ci impedite di passare?”, hanno domandato gli esponenti di Bruxelles.
Fonti diplomatiche croate hanno giustificato l’azione sostenendo che “la presenza dei parlamentari avrebbe potuto incentivare azioni illegali dei migranti che si trovano sul lato bosniaco”.
Un’accusa che la delegazione ha respinto annunciando azioni politiche sulla Croazia. “Se stavamo per commettere dei reati – ha contestato Benifei nel corso di una accesa telefonata con l’ambasciatore croato – allora dovreste rivolgerci una contestazione formale e spiegarci esattamente quale reato stavamo commettendo”.
Al contrario, “è chiaro che si è tentato ancora una volta – ha aggiunto Majorino – perfino di prevenire che le persone sul lato bosniaco possano chiedere asilo. E non potevamo immaginare che questo accadesse sotto i nostri occhi”.“Eravamo qui anche per raccogliere le ragioni di Zagabria”, ha spiegato la delegazione di parlamentari, tutti visibilmente sorpresi per un trattamento “che non abbiamo subito neanche in quei Paesi extra Ue non particolarmente noti per attitudini democratiche”.
A questo punto non si escludono reazioni diplomatiche dell’Ue e del governo italiano, per ottenere chiarimenti da Zagabria.(Avvenire)
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