Amnesty International conferma, nella città santa etiope di Axum ci sono stati massacri di civili, violenze e saccheggi a fine novembre, in pieno blackout comunicativo. E accusa dell’eccidio le truppe eritree protagoniste di 24 ore di odio e violenza pura senza che l’esercito federale etiope intervenisse. Un report diramato oggi e curato dai ricercatori africani dell’organizzazione che da decenni denuncia i crimini contro l’umanità non lascia molto spazio ai dubbi. Sono state infatti raccolte 41 testimonianze di superstiti axumiti sia nei campi profughi in Sudan dove sono fuggiti sia con telefonate in loco dopo il ripristino dei collegamenti. E tutte confermano l’orrore e la ferocia che anche questo giornale aveva raccontato.
Secondo Amnesty proprio nei giorni del pellegrinaggio dei fedeli per la festa di nostra signora di Sion, il 28 e 29 novembre, la città santa della cristianità ortodossa, patrimonio Unesco dell’umanità nella cui cattedrale sarebbe custodita l’Arca dell’alleanza, è stata selvaggiamente attaccata e i civili disarmati presi di mira e uccisi in massa strada, a centinaia, in chiesa e nelle loro abitazioni. E poi sepolti in fosse comuni accanto ai templi principali, tra cui la cattedrale dove venivano incoronati gli imperatori abissini, i negus, senza neppure poter celebrare le esequie spesso dopo che i loro corpi erano stati lasciati per giorni sulle vie della città in pasto alle iene per intimidire la popolazione. Probabilmente una rappresaglia criminale sulla città per un’offensiva del Tplf – il partito regionale che ha governato l’Etiopia fino al 2018 e la cui detronizzazione per terrorismo è la ragione dell’offensiva di Addis Abeba e dei suoi alleati – contro le truppe eritree attestate sulla collina di Mai Koho, sopra la cattedrale.
Il report di Amnesty incolpa le truppe dell’esercito eritreo che in questo conflitto sono alleate dell’esercito etiopico e che imperversano dall’inizio della Guerra, il 4 novembre, mettendo a ferro e fuoco la regione settentrionale etiope. E smonta le posizioni negazioniste del governo di Addis Abeba e del regime asmarino non solo sulle stragi e sul conflitto che continua nonostante gli annunci del premier Abiy Ahmed, ma perfino della presenza della soldataglia eritrea in tutto il Tigrai. Il rapporto di Amnesty è corredato da immagini satellitari certificate da una agenzia specializzata con una mappa dei luoghi colpiti delle città e mostra la terra smossa per scavare fosse comuni accanto alle chiese di Arba’etu Ensessa (accanto alla cattedrale), San Michele, Abune Aregawi, Enda-Gaber, Abba Pentalewon ed Enda Eyesus.
“In circa 24 ore tra il 28 e 29 Novembre 2020, le truppe eritree hanno ucciso centinaia di civili, è la chiara accusa dell’organizzazione, che ricostruisce l’assalto alla città santa iniziato alle 4 del pomeriggio del 28 con particolari agghiaccianti. Come il tiro al bersaglio per strada su persone disarmate, soprattutto i giovani, mentre fuggivano terrorizzate; la sistematica uccisione casa per casa dei cittadini nascosti, la strage di pazienti negli ospedali. E come vi sia stato un saccheggio massivo da parte dei soldati eritrei – riconosciuti dai testimoni in base ai distintivi su divise e sui mezzi di trasporto, dalla pronuncia diversa della lingua tigrina o dai segni caratteristici come le cicatrici tradizionali sul volto dei militari di etnia Beni Amer – a ospedali ed edifici pubblici e privati della città con l’uccisione di chi tentava di opporsi. E come tutti questi siano crimini contro l’umanità per i quali l’organizzazione chiede che sia avviata “una commissione di inchiesta indipendente delle Nazioni Unite” per bocca del direttore di Amnesty per l’Africa orientale Deprose Muchena, il quale ha di nuovo sollecitato Addis Abeba a lasciar entrare operatori umanitari e giornalisti.
Il governo ad interim del Tigrai, insediato da Addis Abeba a fine novembre dopo l’offensiva sul capoluogo Macallè, ha replicato che sta indagando. Stessa risposta da parte della commissione etiope per i diritti umani che fa capo al governo federale, che ha, però, provato giustificare l’eccidio accreditando la tesi della rappresaglia per l’attacco del Tplf. Ma, come sappiamo anche noi italiani che abbiamo subito le stragi naziste e gli stessi etiopi che subirono nel 1937 la feroce vendetta fascista contro civili e clero copto per l’attentato al vicerè Graziani), la rappresaglia non può mai essere diretta contro i civili disarmati per il diritto internazionale di guerra.
Il ministero degli Affari esteri etiope ha invece espresso preoccupazione assicurando che sarà condotta un’indagine interna alle forze armate federali e ha contestato l’attendibilità delle fonti di Amnesty perché i profughi in Sudan verrebbero intimiditi da emissari del Tplf e costretti a mentire.
Il ministero della comunicazione eritreo su twitter si è invece dichiarato oltraggiato dal report, definito falso perché avrebbe raccolto le testimonianze dei profughi in Sudan. Ma il governo di Addis Abeba ha autorizzato l’ingresso di sette testate internazionali solo giovedì 24 febbraio e le testimonianze sono state raccolte telefonicamente anche tra i cittadini di Axum.
Il direttore di Amnesty International Italia Riccardo Noury ha sottolineato il ruolo che dovrà svolgere l’Italia: “Anche per il nostro ruolo storico nel Corno d’Africa il nuovo governo deve intervenire con più decisione anzitutto per chiedere al governo di Addis Abeba di favorire l’ingresso degli aiuti umanitari per favorirne la distribuzione a tutta la popolazione ed evitare una crisi umanitaria.” Quanto all’attendibilità de report, per Noury “è inutile che i due governi etiope ed eritreo continuino a negare, Le testimonianze raccolte sono tante e tutte convergenti. E provano che quello di Axum è stato il massacro peggiore di questa guerra e che lì sono stati commessi crimini contro l’umanità che l’Onu dovrà accertare con una commissione d’inchiesta che mi auguro Roma voglia sostenere”
Un balcone con 150 migranti a bordo è scomparso a nord delle Coste libiche. Item il peggio. Continuano le stragi di disperati ma nessuno ne parla. (Avvenire)
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