L’azienda getta la maschera e mostra che in realtà i numeri di cassa sono esuberi strutturali. Abbassate le unità da porre in cassa integrazione da 3000 a 2750 e riconosciuto solo il rateo della tredicesima. Ma per l’azienda il tutto mira a realizzare il nuovo piano industriale, di cui ignoriamo i contenuti, e che vede esclusi i 1700 ex Ilva in As; noi invece abbiamo ben presente l’accordo del 2018 secondo cui, con una produzione superiore a 6 e fino a 8 milioni di tonnellate, andavano richiamati i 1.700.
Se avessimo firmato questa cassa integrazione, avremmo certificato l’uscita di scena dei 1.700 lavoratori.
Avevamo mostrato disponibilità a sottoscrivere, con un altro ammortizzatore sociale, un accordo che prevedeva integrazione salariale, riconoscimento dei ratei e rotazione, oltre all’applicazione dell’Accordo di Programma anche per i lavoratori dello stabilimento di Genova, esistente dal 2005.
Caduta nel vuoto anche la nostra richiesta di aprire urgentemente un tavolo sull’appalto per affrontare e risolvere la grave situazione in cui si trova il tessuto economico costituito dalle aziende che ruotano attorno alla fabbrica, e per risollevare i tanti lavoratori che purtroppo non vengono pagati puntualmente come diretta conseguenza proprio dei ritardi di Acciaierie d’Italia nei confronti delle aziende dell’appalto.
Ma il confronto odierno dimostra purtroppo ancora una volta quanto il Governo sia assente in questa trattativa e quanto l’azienda sia distante dalle esigenze dei lavoratori.
Questo è inaccettabile, il tavolo si è dunque concluso con un mancato accordo.
Si registra intanto una buona notizia: convocato dal presidente della task force regionale Leo Caroli e dall’assessore regionale al Lavoro Sebastiano Leo per l’8 aprile alle 15.00, il tavolo per i Lpu, proprio per i lavoratori in amministrazione straordinaria.
Coordinamento nazionale Usb Acciaierie d’Italia
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