Oggi 2 aprile 2021 è la giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. Ma serve veramente? Parla una mamma.
«Sull’autismo nel recente periodo abbiamo sentito moltissime parole, tante promesse, ma purtroppo pochissimi atti concreti a livello governativo centrale e a livello regionale locale che possano tradurre in “capabilities”, cioè effettive capacità, quei diritti che sono già ampiamente attestati dalla normativa italiana vigente in materia di disabilità e quelle più specifiche inerenti l’autismo. Abbiamo perciò declinato alcune raccomandazioni che ci sentiamo di portare alla Vostra attenzione per contribuire a razionalizzare e a rendere maggiormente concrete le azioni a favore delle nostre persone in base alla nostra esperienza regionale in Friuli Venezia Giulia. L’autismo è una disabilità che ha avuto nell’ultimo ventennio un boom da un bambino su diecimila nati si è passati ad un bambino su ottanta e la percentuale sembra ancora in crescita. E’ una vera e propria emergenza sanitaria e sociale. Non ci metteremo qui a disquisire sulle ragioni, che non possono essere liquidate solamente con una maggiore capacità diagnostica; vorremmo invece porre il focus della questione sulla situazione dei servizi. E’ evidente che a fronte di una così repentina crescita del fenomeno i servizi pubblici e privati sui territorio delle regioni italiane siano stati presi alla sprovvista, anche per una serie di ragioni culturali che qui non vi è il tempo di esplicitare. Quindi, che fare per fronteggiare le necessità che i genitori oggi reclamano a gran voce da sud a nord Italia? L’autismo è una disabilità molto grave, pur avendo una varietà ampia di sintomi (spettro) ed anche gli autismi più lievi portano con sè comorbilità mediche estremamente invalidanti e progressive, ma invisibili, rendendo difficile la vita anche alle persone con un q.i. nella norma e producendo conseguenze molto gravi per le loro famiglie spesso abbandonate ad un destino di solitudine e di improvvisazione nella conduzione della vita dei loro figli. I nostri suggerimenti sono semplici, ma non di non semplice attuazione, se non si capisce che siamo difronte ad una “emergenza sanitaria e sociale nazionale” che, come tale, va trattata. Trattandosi quindi di un’emergenza sanitaria e sociale riteniamo che il governo debba imporre alle regioni un percorso mirato che preveda in tempi brevi e con scadenze da esso stesso programmate una serie di provvedimenti:
1 – La digitalizzazione delle neuropsichiatrie infantili e degli uffici di assistenza sociale per poter tracciare una mappa precisa delle diagnosi, dell’età delle persone e del loro sesso, della gravità del quadro clinico e delle comorbilità, della complessità del carico assistenziale con la sua eventuale rete o le necessità di servizi; sarebbe auspicabile anche cercare di digitalizzare gran parte della diagnostica, ma questo meriterebbe un discorso a parte.
2 – La creazione immediata di un fondo economico adeguato per l’autismo e le disabilità con challenging behaviours (comportamenti problema, in quanto in molti territori le diagnosi non ci sono), anche sulla base del dato statistico odierno (1-80 nati) da inviare alle Regioni italiane in base alla popolazione e da ripartirsi con i suddetti criteri: • budgets di salute di tipo sanitario e sociale da affidare direttamente alle famiglie, affinché possano attivarsi in proprio per la realizzazione di progetti di vita atti alla riabilitazione privata dei bambini piccoli e per l’accudimento e il mantenimento delle abilità di adolescenti ed adulti; • linee di finanziamento regionali che supportino in continuità progettazioni pubbliche e di privato sociale a favore di persone con autismo che privilegino erogazioni di servizi a minori ed adulti, mancano infatti sul territorio italiano strutture che si facciano carico di persone con autismo a causa della loro difficoltà di gestione. Aggiungo che si debbano privilegiare i progetti semiresidenziali e residenziali che risultano i più carenti, anche piccoli e gestiti da genitori in gruppi appartamento che possano in evoluzione diventare un luogo per il dopo di noi.
3 – Introdurre immediatamente l’autismo nei LEA e obbligare le regioni a stendere dei L.E.P. – LIVELLI ESSENZIALI DI PRESTAZIONI per evitare i fenomeni che già abbiamo visto emergere in molti territori regionali in cui l’autismo, a causa della difficoltà del trattamento delle sue manifestazioni, diventa un affare e i cui servizi sono proposti dal privato sociale ad una piccola elite di genitori che si possono permettere costi di accesso proibitivi o che rischiano di indebitare le famiglie disperate. I nostri suggerimenti possono sembrare modesti, non toccano infatti le spinose questioni della rete dei servizi, della scuola, del lavoro e della parte diagnostica e della ricerca. Volutamente abbiamo tralasciato questi aspetti che richiederebbero molto di più che poche righe a favore di questioni essenziali per le famiglie, la creazione di servizi che attualmente non esistono sui territori. La mancanza dei servizi è la prima delle questioni da affrontare, la più grave, la più sentita e la più richiesta dalle famiglie. Chi la può affrontare se non le famiglie, mettendosi in gioco col supporto economico pubblico, creando un nuovo tessuto sociale articolato in piccole reti di famiglie che si supportano a vicenda con l’aiuto di validi professionisti formati. Crediamo nella forza delle famiglie spinte da necessità reali, pesanti e rilevanti nell’economia delle loro vite familiari. Crediamo anche che il livello di consapevolezza e di attivazione di molti comparti dei servizi della sanità e del welfare pubblico siano troppo distanti ancora dal reale e terribile abbandono in cui versano le nostre realtà familiari. Auspichiamo che questo nuovo imponente movimento di persone “interessate dai fatti” porti al cambiamento, noi ci siamo e vi appoggeremo nel percorso che porterà i nostri figli alla concretezza di una vita piena e degna di essere vissuta.
Maria Pia Vernile, presidente Associazione Cuamj, Centro Universo Autismo Meridionale Jonico
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