La Polizia di Stato esegue ordinanza cautelare per imputazioni di associazione mafiosa 28 pregiudicati in carcere e 10 agli arresti domiciliari
Nelle prime ore di oggi, la Squadra Mobile di Taranto,nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia diLecce, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 38 soggetti(di cui 28 in carcere e 10 agli arresti domiciliari) presunti responsabili avario titolo di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzataal traffico di sostanze stupefacenti e di altri gravissimi reati tra cuiestorsione, detenzione e porto illegale di armi e munizioni, lesioni personali,ed altro. Sono altresì indagate in stato di libertà altre 20persone. L’operazione in questione è il frutto di una lunga ecomplessa attività d’indagine della Squadra Mobile di Taranto, svolta con ilsupporto – investigativo e di prevenzione – della Direzione CentraleAnticrimine della Polizia di Stato.L’operazione in questione è il frutto di una lunga ecomplessa attività d’indagine della Squadra Mobile di Taranto che ha permessodi accertare come un noto clan – giàdestinatario del “sigillo della mafiosità” duramente colpito dalla sentenza dicondanna passata in giudicato nell’operazione “Città Nostra”– abbia continuato, nonostante il perdurante stato detentivo, ad operare sottola guida del capo storico e, in posizione lievemente subordinata, del fratello(personaggio non meno carismatico ed anzi ancor più violento del primo).Le indagini hanno avuto inizio da un episodioavvenuto il 31 ottobre 2018 a Taranto nel quale due pregiudicati (indagati deireati in concorso di lesioni personali pluriaggravate, detenzione e porto diarmi comuni da sparo e esplosione di colpi di arma da fuoco in luogo pubblico)a bordo di uno scooter, colpirono con colpi di arma da fuoco gli arti inferioridi un giovane colpevole di aver richiesto l’amicizia su Facebook alla compagnadi uno dei due. I numerosi colloqui tra i fratelli hanno consentitodi riscostruire il contributo attivo di molti degli affiliati al clan, tra i quali, certamente, spiccanole figure delle mogli dei fratelli, alle quali veniva delegato il compito diveicolare all’esterno del carcere gli ordini e le direttive ricevute dai proprimariti.Gli investigatori hanno raccolto elementi idonei asostenere come la moglie del capoclan storico fosse diventata la “reggente” inlibertà di tutte le attività illecite del sodalizio secondo le precise disposizionidel coniuge detenuto, oltre a svolgere, insieme alla cognata, la funzione di“supervisore” delle attività del clanper ciò che attiene il settore delle estorsioni.In particolare, le donne avrebbero avuto il compitodi recapitare all’esterno del carcere messaggi contenenti ordini e direttivedegli esponenti apicali dell’organizzazione criminale detenuti e di procederealla riscossione del denaro di provenienza delle attività estorsive. Il compendio investigativo delinea un quadroprobatorio volto a disvelare: – la perduranteattività dell’associazione e, quindi, la coesione interna di un gruppocriminale unificato intorno a figure dirigenziali riconosciute;- il comunesentimento di appartenenza ad un medesimo organismo, strutturato e con propriegerarchie, dedito al perseguimento di scopi condivisi;- l’interazionedel clan con le altre realtà mafiosee non del territorio;- la presa sulterritorio esercitata con metodi spesso violenti, ma anche, e soprattutto,silenti;- il possesso diarmi. È emerso come il clannon avesse più bisogno di passare a gesti di violenza, anche estrema, perdominare il territorio di riferimento, potendo godere di una fama criminale ditale portata da esercitare (soprattutto nella zona del Quartiere Paolo VI edaltre zone della città) un controllo totalizzante. Il provvedimento giudiziario ha evidenziato che idue fratelli avrebbero proseguito l’azione criminale del sodalizio di stampomafioso, conservando e rafforzando l’egemonia dell’associazione mafiosa sulterritorio nei confronti sia dei partecipi sia della società civile, prona adun totalizzante controllo, sia rispetto ad altri gruppi criminali “nemici”verso i cui sodali rivolgevano violente rappresaglie. Significativo l’episodio in cui il fratello minore,all’interno del carcere di Foggia, ha violentemente aggredito il rappresentantedi altro clan rivale, costringendolo ascrivere una lettera in cui rappresentava la volontà di dissociarsi dal gruppocriminale di appartenenza. Il racket delle estorsioni ed il traffico disostanze stupefacenti erano tra le fonti di reddito con carattere disistematicità. Dalle indagini svolte e dalle risultanze delleattività tecniche, sarebbe emerso come, anche durante il periodo di detenzione dei due fratelli, il clan abbia posto in essere l’attivitàillecita del traffico di sostanze stupefacenti, approvvigionandosi dalversante napoletano e da altri clanaffiliati alla camorra. In ogni caso, i sodali, pur svolgendo in autonomia e informa associativa l’attività delittuosa, riconoscono ai vertici del clan una quota dei loro introiti, ossiauna vera e propria “royalty” che assicura loro di poter spendere il “buon nome”dei fratelli ed usufruire di canali di approvvigionamento di stupefacentivicini agli stessi.Sarebbero quindi due i gruppi criminali autonomi eindipendenti cui è stato contestato il reato dell’associazione armata aggravataex art. 74 , comma 4 del DPR 309/1990, a carico dei quali sono stati effettuatinumerosi sequestri di ingenti quantità di droga, denaro, armi e munizioni. Tra gli altri, quasi 3 kg di cocaina, 200mila euroin banconote di vario taglio conservate anche in mazzette sottovuoto, armi emunizioni tra cui una pistola semiautomatica clandestina Beretta modello 98F incalibro 7,65 mm; una pistola tipo revolver di marca Weihrauch modello HW38 incalibro 38 special con matricola abrasa risultata essere poi provento di furto;una pistola “da guerra” semiautomatica ed automatica con matricola abrasa, confunzionamento sia a colpo singolo sia automatico a raffica; una penna pistolain calibro 6,35 mm (“arma camuffata” e quindi “arma tipo guerra”); unsilenziatore perfettamente compatibile; numerosi proiettili calibro 7,65 e 38special.Rilevante anche il profilo delle estorsioniambientali, in cui i due fratelli e le donne avrebbero agito con laminaccia consistita nell’evocare anche tacitamente l’esistenza e l’appartenenzaal clan per ottenere una dazionesettimanale di somme di denaro, non complessivamente quantificabili, quali“pensiero” per il sostentamento delle famiglie dei membri del clan, pretendendoed ottenendo somme a loro non dovute. Tra le vittime soprattutto titolari di esercizicommerciali per la vendita di automobili, bar, pizzerie, ortofrutta,imprenditori nel settore delle bevande, nel settore dei mitili, titolari diimprese di pulizie, gestori di piazze di spaccio. Oltre alle sostanze stupefacenti e le armi, sono statesequestrate anche numerose lettere. In particolare, corrispondenza trasmessa almaggiore dei due fratelli da soggetti appartenenti al sodalizio criminale,corrispondenza dal padre e dai fratelli e, infine, corrispondenza da appartenenti ad altri sodalizi. Nelle stesse,si esprime la vicinanza e la devozione al capo nonché si dà conto anchedell’attività estorsiva nelle quali spendono il suo nome ed il suo prestigio.
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