Continuano senza sosta gli accertamenti dei Carabinieri della Compagnia di Castellaneta e del Gruppo Forestale di Taranto in merito al rinvenimento da parte di alcuni residenti, il 1° luglio scorso, delle carcasse di tre cani all’ interno del consorzio turistico Riva dei Tessali, il cui decesso, si sospetta, sia avvenuto per avvelenamento.
I predetti meticci, pur essendo randagi, da tempo erano stati adottati e venivano accuditi amorevolmente da alcuni cittadini della zona.
In seguito alla segnalazione del rinvenimento, sono intervenuti i Carabinieri della Stazione Temporanea di Castellaneta Marina, unitamente a personale veterinario della ASL di Taranto che, al fine di risalire alla causa del decesso, ha recuperato le carcasse per eseguire gli esami di rito presso l’ Istituto Zooprofilattico di Taranto, già comunque avanzando l’ipotesi, sulla base solo dell’ispezione esterna dei tre poveri cani, di una morte dovuta ad avvelenamento.
Per tale motivo, sia a fini investigativi che preventivi, sono stati interessati i Carabinieri Forestali, i quali sono intervenuti con due Unità Cinofile Antiveleno provenienti da Isernia e Foresta Umbra.
Maya ed Africa, un pastore tedesco ed un pastore belga, in questi giorni stanno perlustrando, unitamente ai loro conduttori, la zona interessata dalla vicenda, dove insiste la Pineta Regina dell’area naturale protetta dell’Arco Ionico, alla ricerca della presenza di eventuali altre esche avvelenate, al fine di eliminarle dall’ecosistema, e quindi analizzarle per le conseguenti indagini di polizia giudiziaria.
Le Unità Cinofile Antiveleno, in dotazione ai reparti dei Carabinieri Forestali, prevengono e minimizzano le terribili conseguenze del veleno sulla fauna, perché sono in grado di individuare bocconi e carcasse avvelenati con qualsiasi sostanza tossica.
Svolgono ispezioni urgenti qualora vengano segnalati bocconi o carcasse sospette, ma effettuano anche ispezioni periodiche preventive, soprattutto nelle aree che sono reputate a maggior rischio o che sono frequentate da specie faunistiche di particolare valore naturalistico.
Le ispezioni vengono pianificate con cura ed attuate attraverso l’ impiego alternato dei cani disponibili, in modo che lavorino in piena efficienza.
Il cane perlustra il territorio, indirizzato e seguito dal proprio conduttore; più indietro avanzano altre unità dei Carabinieri Forestali.
Quando il cane individua e segnala del materiale sospetto, sedendosi vicino, il conduttore lo premia con giochi e carezze.
Una volta terminate le attività di ricerca, il personale si occupa di tutte quelle attività che sono necessarie per lo svolgimento degli accertamenti veterinari, per ricostruire l’accaduto, e cercare di individuarne successivamente i responsabili; infine i materiali rinvenuti e repertati vengono rimossi.
Sono molte le motivazioni che scatenano l’uso del veleno; tra le più frequenti, l’intenzione di difendere il bestiame e le specie cacciabili dalla predazione di volpi e lupi, di regolare i conflitti per l’uso del territorio (come accade tra tartufai e cacciatori), di eliminare i cani “vaganti”.
Un boccone avvelenato però può innescare un’inarrestabile ed agghiacciante catena di morte: per primi muoiono gli animali che lo ingeriscono, ma le loro carcasse avvelenate rimangono delle micidiali esche assassine pronte a colpire gli animali che se ne ciberanno.
Per questo è necessario segnalare ai Carabinieri Forestali bocconi o carcasse trovati, sia in aree naturali che in aree urbane.
L’intervento dell’Unità Cinofila Antiveleno può salvare la vita a molti animali, sia selvatici che domestici, permettendo inoltre di tutelare la salute pubblica, perché le sostanze tossiche sono in grado di inquinare acqua e suolo, e in aree urbane rappresentano un rischio serio anche per i bambini.
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