Sono 24 le condanne richieste per gli imputati coinvolti nell’inchiesta antidroga «Japan» che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Pene per circa 154 anni di carcere sono state avanzate dal pubblico ministero Milto De Nozza della direzione distrettuale antimafia di Lecce che ha coordinato l’inchiesta della Squadra mobile di Taranto. La pena maggiore, a 20 anni di carcere, è stata richiesta per Cosimo Cesario detto «Giappone» mentre per il suo braccio destro, Patrizio Pignatelli, il pm ha chiesto una condanna a 12 anni. Giappone, 62enne tarantino difeso dagli avvocati Maggio e Vincenzo Sapia, il cui soprannome ha suggerito il nome al blitz «Japan», secondo l’accusa dopo 16 anni di carcerazione, era tornato in libertà e ripreso il suo posto a capo della presunta associazione dedita al traffico e allo smercio di sostanze stupefacenti che aveva come base principale il Quartiere Paolo VI, e ramificazioni tra Tamburi e Città Vecchia: Cesario, coadiuvato da Patrizio Pignatelli, aveva assunto il comando con compiti di decisione e di pianificazione, di gestione dei contatti con i fornitori delle sostanze stupefacenti e di supervisione delle operazioni per reperire il denaro necessario all’approvvigionamento di ingenti quantitativi di cocaina, eroina e hashish. Anche Pignatelli, 52enne tarantino accusato di estorsione, minacce e armi, difeso dagli avvocati Salvatore Maggio e Fabio Nicola Cervellera, era tornato in libertà dopo una lunga detenzione per una condanna per omicidio, aveva provato a costruirsi una carriera all’interno della «Fipas» società che si occupa del trasporto ambulanze ed era aggiudicataria dell’appalto Asl. Da giugno 2018, Pignatelli, aveva iniziato a farsi strada utilizzando metodi violenti che hanno creato da subito un clima di paura tra volontari e soccorritori.
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