TARANTO – Si allarga l’inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce nei confronti di Stefania Baldassari, ex direttrice del carcere «Carmelo Magli» di Taranto finita sotto accusa per aver chiesto e ottenuto, secondo gli inquirenti, voti da alcuni ex detenuti durante la campagna elettorale per le amministrative 2017 che la vedeva candidata sindaco del capoluogo ionico. I militari della Guardia di finanza nei giorni scorsi sono entrati nell’istituto penitenziario e sequestrato numerosi documenti che, secondo quanto risulta alla Gazzetta, riguarderebbero proprio gli anni della direzione Baldassari. Una mole di carte che ora gli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria, guidati dal colonnello Valerio Bovenga e coordinati dal sostituto procuratore della Dda Milto De Nozza, dovranno studiare. Sulla natura dei documenti sequestrati dai finanzieri, tuttavia, nulla è trapelato, ma è evidente che gli inquirenti vogliano passare al setaccio tutti gli atti compiuti dalla donna nel suo incarico al vertice del penitenziario ionico.
L’acquisizione dei documenti è il nuovo step dell’inchiesta che ha travolto l’ex direttrice, sospesa dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria dopo la relazione inviata dall’Antimafia di Lecce nella quale si parla dell’appoggio elettorale fornito dal gruppo vicino al boss Michele Cicala alla Baldassari nelle amministrative 2017 che la vedevano candidata sindaco a capo di una coalizione composta da liste civiche e partiti di centrodestra. Cicala, tornato in libertà dopo una lunga carcerazione, insieme al suo entourage secondo l’accusa avrebbe dato una mano alla raccolta dei consensi verso la lista civica della Baldassari «riuscendo – si legge negli atti dell’inchiesta – ad ottenere un consenso elettorale non indifferente».
L’allora direttrice, in quella competizione amministrativa, arrivò al ballottaggio, ma fu sconfitta da Rinaldo Melucci, candidato sostenuto dal centro sinistra. Secondo le testimonianze raccolte dalla Dda inoltre, la direttrice del carcere ionico, avrebbe sempre assunto atteggiamenti differenti nei confronti dei detenuti «in ragione della loro capacità di procacciare voti in occasione di possibili consultazioni elettorali». Una tesi che la Baldassari ha sempre respinto proclamandosi completamente estranea ai fatti. Nei mesi scorsi la donna è riuscita anche a ottenere dal Dap l’annullamento di una prima sospensione che le era stata decretata a luglio 2021. Ma non solo. Nei suoi confronti, la procura di Taranto aveva aperto anche un fascicolo per mobbing nei confronti di una psicologa che operava nella struttura tarantina: gli inquirenti avevano chiesto l’archiviazione delle accuse, ma il gip Francesco Maccagnano ha disposto l’imputazione coatta. Ora l’arrivo dei finanzieri nel carcere conferma che anche le indagini portate avanti dall’Antimafia di Lecce sui voti raccolti durante quella campagna elettorale non sono affatto chiuse e gli inquirenti stanno cercando di fare luce su tutti gli aspetti
PIÙ COMMENTATI