Forse oggi i giudici della Corte d’Assise di Taranto dovrebbero entrare in camera di consiglio, salvo ulteriori rinvii, dopo l’ultima udienza di repliche da parte dei difensori e la chiusura del dibattimento del processo chiamato “Ambiente Svenduto” sul presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva negli anni di gestione della famiglia Riva.
In sede di requisitoria il pm Mariano Buccoliero, del pool per i reati ambientali, aveva chiesto 35 condanne e il non doversi procedere per prescrizione per altri 9 imputati e sanzioni pecuniarie e misure interdittive per le tre società.
La Corte presieduta da Stefania D’Errico (a latere Fulvia Misserini e sei giudici popolari) si riunirà in camera di consiglio in un’ala del complesso delle Scuole sottufficiali della Marina Militare a San Vito, dove dimoreranno i giudici per il tempo necessario alla definizione della sentenza. Oggi hanno replicato i legali dell’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà (per il quale è stata chiesta la condanna a 28 anni), dell’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, e dell’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva (sollecitati per entrambi 4 anni di reclusione).
Tra gli imputati principali, la pubblica accusa ha chiesto 28 e 25 anni di carcere per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva; 28 anni per l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, 20 anni per il dirigente Adolfo Buffo e per cinque ex “fiduciari aziendali”, 5 anni per l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.
(ANSA).
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