L’altra Taranto è un piccolo fiume ghiacciato, pulitissimo, che serpeggia in una vegetazione fitta e meravigliosa. L’altra Taranto è un’oasi misteriosa frequentata da fenicotteri rosa e cavalieri d’Italia, in un silenzio rotto solo dalle folate di vento che ogni tanto dondolano i canneti. Le ciminiere dell’ex Ilva appaiono da lontano: una visione quasi irreale, se messa a confronto con una natura così bella.
Siamo nemmeno dieci chilometri dal capoluogo jonico: laddove proliferano i paesaggi industriali c’è pure un volto naturalistico sconosciuto ai più. A fare il bagno nel fiume – che è «ghiacciato» anche in piena estate – arrivano soprattutto da Massafra e dai centri limitrofi, ma in pochi altri si aspettano di trovare questa sorta di «luogo termale» naturale, in cui fuori stagione si respira davvero un’aria di confine.
Né terra né acqua riescono a prevalere una sull’altra. Il fiumiciattolo è molto più importante di quanto faccia sembrare, apparendo modesto tra i canneti: acque cristalline – temperatura costante dai 13 ai 18 gradi – rivelano il nuotare di pesci multicolori, mentre il solo pensiero di queste correnti giunte sin qui dalle Murge per arrivare a sboccare in mare, rende il bagno ancora più emozionante. E poi la Storia. Taras, il fondatore di Taranto sarebbe giunto qui, stando alla leggenda. E sempre qui Ottavia fece riconciliare Ottaviano e Antonio in un’era lontana, ai tempi in cui era esiliata a Taranto (I secolo a.C.) perché ripudiata dallo stesso Antonio «preso» da Cleopatra. E non solo: le battaglie cinquecentesche tra cristiani e turchi, quando questi volevano insediarsi a Massafra; i benedettini e gli Olivetani del Santuario di S. Maria della Giustizia.
I richiami al passato accompagnano la passeggiata naturalistica in una Taranto che più conosci e più vedi bella, con una storiografia e con un paesaggio unici, purtroppo dispersi e dissipati nell’industrializzazione. È un piacere cercare episodi, leggende e anche credenze popolari su questi fiumi jonici. Come quella secondo la quale queste acque «curative» pare calmassero i nervi o facessero ringiovanire (qualcuno narra la storiella dell’asino rinato!). Ogni primo settembre, la messa con tuffo e i rosari recitati per la buona salute contribuirebbero a creare il ruolo curativo del Tara.
Il giro dei fiumi tarantini può proseguire: una manciata di chilometri ed eccoci al Cervaro, altro fiume piccolo e freddo, con la vicina Oasi dei Battendieri, complesso monastico di grande interesse, la cui origine colpisce: pensate che fu costruito a fine Cinquecento dai frati cappuccini, i quali qui non solo pregavano, ma battevano anche le lane per i loro lunghi sai.
Da qui la vista sul Mar Piccolo all’improvviso toglie il fiato. Ti appare dal fiume Cervaro e sembra sconfinato, con le torri siderurgiche che fanno da strana «corona». In estate, qualche baretto improvvisato e i bagnanti: l’aria «pop» del luogo sembra catturare l’attenzione, ma è meglio proseguire verso un’oasi che comincia ad apparire sulla destra. A piedi, oltre un cancello, si costeggia il fiume-canale e si giunge al limite: è qui che si apre una palude inaspettata, dove si trovano silenziosi i fenicotteri, dove ogni tanto volano rondini e garzette, dove di notte girano volpi. A chi non conosce questi luoghi, il consiglio è di visitarli anche solo dopo Ferragosto, quando né traffico né le poche famiglie di bagnanti possono interrompere un fascino antico, di una Taranto verde, blu e color sabbia, un’altra Taranto – appunto – che non ci si stanca di ammirare, tra incanto e rabbia.
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