Faceva freddo, nell’inverno del 1968, 55 anni fa, un po’ come oggi. Ginosa viveva attaccata al grande sogno dell’Italsider. Molti contadini e piccoli artigiani, avevano lasciato le loro attività per la sicurezza del posto fisso, che significava anche lotta per il cambiamento. Il futuro si arrampicava sulle corriere che partivano di notte da Ginosa, cariche di storie, di sonno interrotto, di fumo di sigarette, condite d’impegno politico, e e di un vago, ma forte senso di riscatto, di progresso e di uguaglianza.
Anche un mio zio, chiuse un piccolo tabacchino, a pochi metri dalla piazza, per diventare operaio.
In quell’anno, così carico di aspettative e di interrogativi, il Papa Paolo VI scese a Taranto, salì su una grande scala, vicino all’ altoforno e mise l’elmetto da operaio, non per fare scena, ma per dire a tutti, sono con voi, mi mi faccio carico dei vostri problemi delle vostre ansie.
Anche gli operai di Ginosa, lo ascoltarono, respirarono quella carezza di solidarietà e vicinanza.
Molto tempo è passato, tanto è cambiato. Quel mio zio è morto, anche a causa dell’amianto, ma i suoi figli, tutti laureati, brillantemente inseriti, vivono nel suo sorriso largo e nella sua grande disponibilità verso gli altri.
L’Italsider di Taranto è passata di mano in mano, cambiando nome. Ora langue in una situazione di perenne incertezza. I pochi operai ginosini rimasti e i giovani che sono subentrati, parlano poco. Soluzioni immediate non se ne vedono all’orizzonte.
La speranza è rimasta, ma é fioca e rassegnata. Come se i grandi eventi dovessero passare per forza sulle nostre teste, senza che ci potessimo fare nulla.In pochi ricordano la visita del Papa, Forse perchè qualcuno gliel’ha raccontata.
Ma oggi c’è qualcuno ancora disposto a mettersi realmente l’elmetto e ad ascoltare sul serio le richieste dei nuovi operai?
A Natale, il Dio che viene, nel Cristo Bambino che nasce, si mette nei panni di ognuno, per esortarlo a muoversi e per salvarlo.
Coraggio, accogliamo questa speranza.
Michele Pacciano
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