L’amore ha tante forme. Oggi é giornata missionaria mondiale. Vedo le chiese svuotarsi, noto la mancanza di nuove vocazioni sacerdotali e mi chiedo, ma noi laici che facciamo, qual è il reale ruolo che abbiamo?
Penso che dovremmo ripartire ed interiorizzare la dottrina sociale della Chiesa, prendendo le mosse da quel motto finale che non abbiamo mai considerato abbastanza: «Ite missa est!» Una frase apre un mondo: le parrocchie sono sempre più un ospedale da campo, ma è al di fuori del loro perimetro che dobbiamo cominciare ad agire, chiedendoci: quanto bene ho fatto oggi? Non per menar vanto, per fare sempre il meglio.
Dobbiamo tornare a sperare e comunicare che anche casa nostra, la nostra strada, il nostro quartiere è Terra di missione da dissodare. E lo dobbiamo dimostrare non tanto con le parole, ma con azioni concrete che si aprano all’altro, gli facciano spazio accogliendolo senza giudicarlo.
L’amore non emette sentenze, ma abraccia l’altro nella sua essenza.
Ricordando i nomi e i volti dei tanti missionari, laici e religiosi che cj sono passati accanto e che ancora operano e ci fungono da esempio, mi viene in mente il primo imperativo di ogni uomo, è compiere al meglio il proprio dovere. Ecco la nostra missione.
Per comprenderlo fino in fondo, dobbiamo però mettere Cristo, cioè la nostra intima essenza ed interiorità, al centro di tutto ciò che facciamo.
Con la tua coscienza non puoi bluffare. La verità ci farà liberi. Ma solo se riusciremo a comprendere di amare il prossimo come noi stessi.
In questa prospettiva nuova chi ci sta accanto non deve essere sempre una persona a cui chiedere, ma un altro me a cui fare spazio.
Michele Pacciano
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