Non si sa esattamente da dove vengano. L’origine delle cartellate, non é specificamente documentata; e si perde nella leggenda e nella notte dei tempi. Pare fosse uno dei dolci preferiti di Federico II di Svevia, quasi sicuramente è stato un piatto di importazione, araba o spagnola. Fonti più approfondite, riportano come questi dolci risalirebbero In effetti ad una tradizione marocchina e nordafricana, approdata sull’altra sponda del Mediterraneo in epoca tardo medievale e rivisitata poi in ambienti conventuali, come attesta un libro di storia culinaria, sapientemente consultato da Antonietta Bonora, appassionata di storia e gastronomia locale e antica. Il nucleo originario della ricetta si riferirebbe alla cebakeria, leccornia preparata nei Paesi del Maghreb, durante il mese sacro del Ramadan, in cui i musulmani digiunano fino al tramonto in preghiera, per poi consumare ricche cene di sera. La base è costituita da farina, zucchero, lievito, semi di finocchio, zenzero fiori d’arancio. L’impasto della frittella viene fritto e cosparso di miele.
Pare che le “Ncarteddate”, così venivano comunemente denominate, fossero diffuse in tutta la terra d’Otranto.
A Bari se ne fa diretta menzione alla fine del 1700 nei registri della basilica di San Nicola, da parte delle monache di Santa Scolastica.
Ogni regione ha una sua peculiarità e forma particolare. Le cartellate calabresi ad esempio, sono molto più grandi delle nostre made in Puglia, spesso farcite con mandorle o con una pioggia di carditi.
Di certo a Ginosa, con vincotto, con il miele, o anche vuote, fragranti sotto i denti, le cartellate hanno rappresentato il simbolo stesso del Natale, quando la dolce aria di festa, si spandeva sull’infanzia di una famiglia allargata, in attesa di un dono, da scartare piano, o con il rinnovato furore di una sorpresa, che giungeva sempre inaspettata, su un sorriso di bambino, al colmo di un abbraccio collettivo, in cui ogni adulto, si ritrovava coinvolto e sentimentalmente compreso.
Non esistono tempi belli, o brutti esiste solo il tuo sguardo sul tempo, che nella bellezza di un momento non diventa rimpianto, ma tesoro donato, custodito e serbato, che brilla nell’oggi, non come mancanza, ma come viva presenza.
Ecco, le cartellate
profumano di questo, nell’ansia febbrile e gioiosa di un’attesa, il Signore viene in un dono, in un abbraccio che forse hai sempre rinviato e che ora ti viene chiesto e gratuitamente dato e donato.
Le cartellate profumano di questo, la tradizione é fuoco sotto la cenere, che continua e ritorna a scaldare.
Michele Pacciano
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