Nel maggio del 1971, nasceva il circolo italsider di Ginosa, il paese si trasformava da agricolo ed artigiano, in serbatoio di operai, fu un passaggio epocale, come ha ricordato il presidente del circolo, Giuseppe Pizzulli, 50 anni di storia, nomi volti e persone che hanno segnato la nostra vita. Un ricordo commosso è andato soprattutto a coloro che sono morti in fabbrica, anche il nostro paese ha pagato un prezzo. Senza contare le vittime dell’amianto e tutti coloro che hanno perso la vita sulla statale 180, tornando a Ginosa, dal lavoro, o andando a Taranto.
È stato un cinquantennio di lotte, di sacrifici e di conquiste, ha ricordato Stefano Negro, primo presidente del circolo italsider di Ginosa, come quando gli operai ingaggiarono e vinsero una dura vertenza con la ditta di trasporti SITA, Davide la spuntò contro Golia.
Una messa è stata celebrata per ricordare l’evento. In tempi di covid è concesso poco altro.
La storia dell’italsider scorre come un romanzo; é la storia del lavoro, del riscatto, e del sogno incompiuto del Sud, a Ginosa come a Taranto, ha rilevato, nel suo puntuale saggio, scritto nel 2010, per i 40 anni del sodalizio, Piero Saniorgio.
Il primo ginosino assunto all’italsider, nel 1962, si chiama Emanuele Contangelo, prima faceva il falegname. Ce ne sono stati tanti altri, ognuno avrebbe un un’esperienza emblematica da raccontare.
Anche il sindaco di Ginosa, Vito Parisi, si è identificato in ques
to flusso di popolo che cambia, anche lui l’ha vissuto da figlio di un dipendente, anche lui è tra quelli che possono dire come l’Ilva abbia rappresentato, nel bene e nel male, nelle mille contraddizioni di una battaglia ambientale mai finita, un momento di emancipazione. Che adesso si scontra con un futuro incerto, all’ombra di una multinazionale francoindiana, che si chiama Arcelormittal, che forse queste storie non le conosce e non vuole neanche ascoltarle.
Mip.
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