
“L’avevo presa per una normale influenza, ma non lo era.
L’inferno scoppiò la notte del 23 gennaio 2024. Dopo due giorni di mal di stomaco feroce, cominciai a vomitare nero. I conati si susseguivano ad intervalli regolari, quasi ogni mezz’ora.
Lugubri pensieri mi assediavano la mente penetrando nelle ossa. Punture di Plasil e flebo non fermavano l’emorragia. Spossato nell’anima e nel corpo, sul far dell’alba mi decisi a chiamare il 118.
Anche in ambulanza, a sirene spiegate, con il medico a bordo, violenti attacchi di vomito non cessavano. Arrivati all’ospedale di Castellaneta, fui subito sottoposto ad una TAC, mi riscontrarono un blocco intestinale con volvolo.
Una parte di intestino si era attorcigliata su se stessa non facendo passare nulla. Se fossi arrivato anche mezz’ora dopo non ci sarebbe stato più nulla da fare. Alle 3 e mezza ero pronto per la sala operatoria. Sotto anestesia prima di addormentarmi mi passò tutta la vita davanti. L’intervento era andato bene ma le conseguenze dovevano ancora arrivare.
Sono stato in ospedale per un mese e mezzo, con un sondino nasogastrico senza mangiare e senza bere per giorni con cateterismo e drenaggio. Quando tentarono di togliermi il sondino e cominciai a mangiare, o meglio nutrirmi, incominciai a vomitare scuro. La pressione sanguigna arrivò a 70 senza che arrivasse sangue nei reni. Ho visto la vita scorrermi via, poi, quasi provvidenzialmente, ho ricominciato a defecare, quindi non è stato necessario un secondo intervento che avrebbe comportato rischi per la mia stessa vita. L’esperienza in ospedale è stata molto dura, forse la degenza può essere paragonata a un’intensa esperienza spirituale. Solo la determinazione e quel briciolo di fede che mi rimane può essermi stata d’aiuto. Vorrei ora ringraziare tutta l’équipe medica del reparto di chirurgia, gli infermieri, i dottori e gli OSS dell’Ospedale San Pio per la cura che mi hanno prestato e per la disponibilità che hanno avuto verso mia madre che, essendo io disabile, doveva assistermi anche per legge. Ora sono su un letto elettronico super accessoriato e ho cominciato un ciclo di terapie. L’intestino si è canalizzato e la convalescenza è in fase avanzata, ma si combatte ancora. La battaglia non è ancora vinta, ma siamo in dirittura di arrivo. Grazie anche a tutti gli amici che mi hanno supportato. Questa esperienza mi ha insegnato ad apprezzare il bello della vita. Prima di viverla non bevevo né tè né camomilla. Quando me le hanno portate in ospedale era come se avessi avuto la migliore delle bevande. Ho imparato ad essere totalmente dipendente dagli altri e ad accettare questa situazione. Non si finisce mai di crescere.
Michele Pacciana
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