Tra poche ore si terrà a Bari una manifestazione, alla quale aderiamo, organizzata dalla CGIL contro il disegno di legge presentato dal ministro Calderoli e approvato in consiglio dei ministri. Alcuni dei nostri iscritti parteciperanno alla mobilitazione: noi, infatti, non possiamo che manifestare tutto il nostro dissenso contro un progetto che mira a sgretolare il sistema Italia. In un periodo storico, peraltro, nel quale guardiamo con speranza alle migliori progettualità realizzabili tramite i fondi PNRR, fondi che l’Unione Europea destina per rafforzare la sua politica di coesione, nell’ottica di accorciare le distanze tra aree ricche e zone più svantaggiate.
Il fatto stesso che dei 25 proponenti della riforma ben 15 siano rappresentanti del Nord (e 5 di regioni del centro) è spia dello squilibrio strutturale della riforma. Vero è che occorrerebbe superare il criterio (limite) della spesa storica e che, idealmente, si potrebbe essere d’accordo sull’individuazione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni). Però, la stessa decisione di votare prima il disegno di legge così com’è e poi di avviare il percorso di individuazione dei LEP, è sintomo di una riforma che attacca l’Unità d’Italia e che va contro tutti i principi di uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale. Senza dimenticare che, al termine dell’iter di individuazione dei LEP toccherà al solo presidente del Consiglio approvarli attraverso un DPCM.
La manifestazione che si terrà questo pomeriggio a Bari ci richiama a responsabilità, e, in un periodo travagliato quale quello che stiamo vivendo, in cui i cittadini devono affrontare numerosissime difficoltà, avvertiamo la necessità di coinvolgerli. Questo è il momento.
In consiglio dei ministri è stato approvato il testo che stabilisce le modalità e le procedure per la richiesta da parte delle Regioni al presidente del consiglio e al ministro degli affari regionali. Ora, però, il disegno di legge deve passare per il voto di Camera e Senato per diventare legge. Quindi, occorre far sentire la nostra voce in quelle aule. Proprio mentre cercano di dividerci occorre unirsi per cercare di difendere l’Italia da questo progetto anti-unitario. La frammentazione che ne conseguirebbe renderebbe alcune regioni sempre più indipendenti ed altre sempre più dipendenti dallo Stato. Inutile aggiungere che le regioni del Mezzogiorno subirebbero maggiormente il colpo.
Scuola, sanità, energia, infrastrutture (per fare solo pochi esempi) devono restare materie che uniscono l’Italia, non dividerla. Non generare 20 sistemi differenti che viaggiano a velocità differenti e che generano inevitabilmente forme di privilegio tra cittadini residenti in aree differenti.
Ora più che mai: viva l’Italia!
La segretaria di circolo
Marilena Surdo
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