Maria Elena Maggi ha gli occhi di un profondo color nocciola, dove si mescolano la gioia e la determinazione a non mollare, a non arrendersi a una condizione difficile. Nel suo sguardo di miele e zenzero, si legge il dolore, ma anche l’amore per una bellissima famiglia, per una figlia, Isanna, fortemente voluta è amata, insieme a Gianni, suo marito da quasi 27 anni. Un rapporto intenso, secondo è sempre nuovo, il loro, dove tutto si trasfonde nell’amore più grande verso un Dio che ti vuole bene, che ti cammina sempre accanto; e non ti lascia mai sola.
Su questa certezza, basata su Cristo fatto uomo, per esserci vicino, morto e risorto, Maria Elena ha costruito tutta la sua vita di moglie, di madre, di donna cristiana, di donna con disabilità; che sa vedere la bellezza oltre le difficoltà, i limiti e le barriere, che affronta ogni giorno; da quando, fin da giovanissima, subito dopo la maturità classica, dovette confrontarsi con i primi sintomi della sclerosi multipla, che adesso la tiene su una carrozzina, che è solo considerata un mezzo per muoversi meglio.
Maria Elena era presente ai lavori del convegno in vista del sinodo di ottobre, che si è svolto nella parrocchia Stella Maris di Castellaneta Marina.
«Ho seguito con molto interesse l’intervento di Monsignor Viganò, vice cancelliere della pontificia Accademia delle Scienze, ci racconta, con la voce chiara che tradisce la fatica abituale e quotidiana con cui lei convive, ma anche la forza caparbia di vivere, venata di quella rabbia, quasi priva di ira che ti dà la forza di guardare avanti – i migranti devono essere accolti, bisogna camminare insieme nella diversità, puntando lo sguardo del cuore sul bene comune. Mi sembra sia questo il senso del Sinodo, riscoprirsi comunità dove c’è spazio per tutti. La comunità come una grande famiglia allargata in cui c’è bisogno di tutti.
L’intervento di monsignor Favino ha aperto un mondo di persone che lottano per vivere mentre una situazione di degrado intellettuale, sociale e spirituale si fa strada.
Lo scopo del Sinodo, ha detto, è rendere gli emarginati dei protagonisti del loro tempo,restituendo a tutti i propri diritti, nell’amore di Cristo.
Dobbiamo iniziare a ridare alle parole ed ai gesti il loro giusto significato e per esempio,con i deboli dobbiamo proteggere e non semplicemente accogliere. I politici presenti non mi sono sembrati molto convinti e molto partecipi del loro ruolo, chiosa Maria Elena.
La Chiesa è un avamposto, ma anche uno specchio concavo a cui guardare per analizzare i processi di cambiamento e di trasformazione.
Forse i politici dovrebbero andare più in chiesa, ritornare in se stessi, per riscoprire l’essenza di una
speranza e di un servizio.
Come donna e come persona con disabilità mi sono sentita accolta, coccolata, e considerata per ciò che sono.
Il pastore Dario Monaco è stato molto preciso nella sua analisi ed ha evidenziato il proprio impegno nella realizzazione della sinodalita` nell’ambito delle chiese protestanti per un dialogo realmente ecumenico, che guardi alle radici della fede che ci unisce. In fondo siamo tutti Chiesa in cammino.
Dobbiamo testimoniarlo fuori e dentro le parrocchie lungo le periferie esistenziali di cui siamo tutti parte».
Può esserci gioia e, serenità, pur e nonostante le situazioni di estrema precarietà e nonostante la sofferenza? Si, ci testimonia Maria Elena, sì se si riscopre un amore più grande.
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