Anche oggi, il sole sorge,
quasi beffardamente,
sulle ossa disseccate dell’ospedale di Gaza, a decretare l’assurdità della guerra
e la nostra impotenza di uomini nel fermarla.
Che il Dio di Abramo protegga Israele e ci aiuti a ritrovare la via della verità e della pace, per la quale ora non riusciamo a pronunciare parole che non ci appaiono vuote di senso.
Allora mi aggrappo allo sguardo di una donna, per rintracciare scampoli di una vita,
che ormai è fuggita.
Per dire: non è giusto!
Certo combattere non è mai giusto, lo sa bene un soldato che muore
nel deserto.
Ma a volte combattere è necessario.
Per difendere,
la propria vita,
la propria casa,
i propri figli,
nell’ultimo filo di speranza.
Di una bandiera piantata nella sabbia
o su uno spuntone di roccia.
Fino a quando?
Ogni giorno.
Alle cinque del pomeriggio,
motori di remoti aerei rombano sulla mia casa
nell’eco lontana
di una guerra troppo vicina.
Che ha i nomi e i volti
del popolo che amo.
Michele Pacciano
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