L’acqua del fiume Tara, nei prossimi anni, potrebbe sgorgare dai rubinetti delle case delle famiglie di Taranto. E dare così da bere, nel vero senso della parola, a quasi 200mila tarantini. Il piccolo fiume intorno alle cui sponde secondo la leggenda, 2mila anni prima di Cristo, Taras fondò la città che poi prese il suo nome, potrebbe avere una nuova vita grazie ad un dissalatore. Si tratta di un impianto che, per dirla semplicemente, eliminando il sale da quel corso d’acqua (che ha già comunque una bassa capacità salina) lo renderebbe potabile.
Non si tratta solo di un’idea, ma di un progetto dell’Autorità idrica pugliese (Aip) e dell’Acquedotto pugliese (Aqp) che, con alcune prescrizioni, ha già superato la prima Conferenza di servizi. Peraltro, sono state proprio queste osservazioni a far lievitare l’importo necessario per realizzare l’opera che è passato così dagli iniziali 55 a 80 milioni di euro. In realtà, da quel che risulta alla Gazzetta, proprio nei giorni scorsi, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sarebbe stato acceso il «semaforo verde» al finanziamento di 27,5 milioni di euro. Il resto, invece, salvo ulteriori e prossimi finanziamenti pubblici, dovrebbe essere coperto dal bilancio di Aqp e dai proventi delle tariffe applicate.
Riepilogando, si è quindi concluso positivamente il procedimento della Conferenza di servizi preliminare, indetta dall’Autorità idrica pugliese, per la “realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del Tara – progetto di fattibilità tecnica ed economica”, così come recita testualmente la denominazione della proposta. Il passaggio successivo sarà quello dall’avvio della procedura di Verifica di assoggettabilità di competenza statale (Vas) e dalla successiva Conferenza di servizi cosiddetta decisoria, da convocare dopo che l’Aip avrà ricevuto il progetto definitivo.
In particolare, l’intervento consiste nella realizzazione di un impianto di dissalazione basato sul principio dell’osmosi inversa per rendere potabili le acque salmastre provenienti dal fiume Tara. La captazione avverrà nei pressi dell’attuale impianto di presa, gestito dall’ente per l’irrigazione pugliese (Eipli). Le acque potabilizzate verranno, quindi, sollevate e inviate al serbatoio di Taranto da 200mila metri cubi sfruttando una condotta in acciaio lunga 12,3 chilometri. La salamoia prodotta dell’osmosi (ovvero la soluzione concentrata di sale) verrà, invece, inviata al canale di scarico Ilva 1. Ma l’autorizzazione allo scarico, verrà acquisita solo in sede di Conferenza di servizi decisoria, convocata successivamente sulla scorta del progetto definitivo da inviare all’Autorità idrica pugliese.
Non solo dissalatore. Nel Piano d’ambito territoriale dell’Autorità idrica pugliese ci sono altri investimenti che riguardano la provincia di Taranto. Sostanzialmente, infatti, sono tre le grandi aree di intervento: dispersione idrica, approvvigionamento e depurazione. Alcuni sono già in corso come quelli riguardanti il completamento delle reti idrica e fognaria a San Vito, Lama e Talsano. Altri andranno in gara entro fine anno. In particolare, sono opere attese da anni che riguardano il depuratore Gennarini e la nuova condotta sottomarina a San Vito (38,3 milioni di euro).
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