“Vissi sognando e sognai vivendo”. Secondo la commossa confessione degli amici più cari, sarebbe questo l’epitaffio che il Professor Corrado Strada avrebbe voluto sulla sua tomba.
Al di la dell’ironia, irriverente e sorniona, non priva di un tratto eminentemente malinconico, espresso in maniera salace, come di chi sa della vita, ma non ne perde il gusto, assaporato nel bicchiere di quel vino Novello, che per lui era assolutamente meglio del Daiquiri di Hemingway, che pure amava tanto, come dimostra il suo racconto sul Panama bianco, sommesso omaggio in agrodoce ad un padre amatissimo, che come tutti i figli ribelli, anche lui, Corrado, era convinto di non aver soddisfatto mai abbastanza, era questa la cifra di un uomo poliedrico, capace di voli pindarici, ma anche di rovinose cadute sulla Terra, che ha inseguito la vita fino all’ultimo, con la curiosità di guardare dentro le cose, sia che l’abbia fatto da radiologo, da fotografo, da professore universitario all’istituto di radiologia dell’Università di Bari , da scrittore o da poeta, Corrado Strada ha lasciato il segno in chiunque lo abbia conosciuto, o anche solo incrociato.
Sia che stesse a Ginosa o nella sua masseria, due colonne oltre il bivio di Ginosa Marina, nella sua “Noria”, dove aveva allevato per anni splendidi cavalli irlandesi, ha sempre conservato un affettuoso sguardo sul mondo.
Se n’è andato a 97 anni, Don Corrado, come lo chiamavano tutti.
Ora è sepolto nella cappella di famiglia, in quella Ginosa che amava tanto, come luogo dell’anima e dell’infanzia ritrovata, che si è portato dentro, in qualsiasi luogo che abbia visitato o anche solo solcato, diviso e mai disgiunto dal suo mare, che si tratrasse dell’Adriatico di Bari, a cui era legatissimo, o dello Ionio di Ginosa Marina, in cui andava a sfociare, quel “Bradano due Rive” , al quale, tra fotografia e poesia, ha intitolato uno dei suoi libri migliori, dedicato alla figlia Fabrizia.
Ognuno di noi, avrà per sempre nel cuore un ricordo intimo e personale legato a Corato Strada, che mi scuserà per queste poche righe sconnesse.
Ero poco più di un bambino, quando l’ho conosciuto nella storica bottega di barbiere, di Vittorio Brunone, a Ginosa, rimanendo incantato dalla sua cultura e profonda intelligenza; e da quella religione della coscienza, che lo aveva fatto avvicinare al Dio Figlio dell’Uomo, che sicuramente lo accoglierà adesso a braccia aperte, perdonandogli qualche piccolo peccato di umanità.
E a cui lui, Don Corrado, il professore, riserverà sicuramente uno dei suoi aforismi d’ooccasione. Sfoderando un sorriso sotto i baffi, a mezza bocca e chiedendo un sorso di vino.
(mip)
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