Il Governo annuncia una nuova politica del Lavoro e della formazione. Al di là degli slogan e delle dichiarazioni di intenti che posto hanno le persone disabili nella strategia di incentivi all’occupazione che l’Esecutivo starebbe approntando?
I precedenti non sono confortanti. Secondo i più frequenti studi dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, che fa capo alle Nazioni unite, Su 10 persone disabili solo 3 hanno un lavoro, principalmente nel settore pubblico: il tasso di occupazione in Italia è tra i più bassi d’Europa
Nonostante si senta spesso parlare di benessere nel luogo di lavoro, pari opportunità e welfare, in Italia il tasso di occupazione dei lavoratori disabili risulta tra i più bassi d’Europa. Su 10 persone affette da disabilità soltanto 3 hanno un’occupazione stabile, principalmente nel settore pubblico. Il tasso medio in Europa è invece superiore al 50%.
In Italia, ci sono circa un milione di persone disabili disoccupate. Rispetto agli uomini, le donne hanno meno probabilità di trovare un impiego, il 40% contro il 60%. Da un punto di vista geografico, gli abitanti del Sud Italia sono più penalizzati rispetto a quelli del Nord; basti pensare che la Lombardia da sola occupa tante persone disabili quanto l’intera macroarea del Sud e delle Isole. Per quanto riguarda invece il livello di invalidità, più grave è il disturbo minori sono le probabilità da parte della persona disabile di trovare lavoro.
“Moltissime sono le scoperture, ossia i posti di lavoro che dovrebbero essere occupati da lavoratori disabili e non lo sono” afferma Ivan Lembo, responsabile Politiche sociali della Cgil di Milano. “Senza considerare che il tasso di inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica è assolutamente insignificante da un punto di vista statistico”. La legge in questi casi prevede che le aziende che hanno tra i 15 e i 35 dipendenti dovrebbero impiegare almeno un lavoratore disabile. Per le imprese fra i 36 e i 50 dipendenti si parla di 2 lavoratori disabili. Infine, sopra i 50 dipendenti, il numero dei lavoratori disabili deve rappresentare almeno il 7% del totale. Tuttavia, molte aziende preferiscono pagare le sanzioni (160 euro per ogni giorno di non ottemperanza) piuttosto di assumere un lavoratore disabile.
“Non esiste un efficiente sistema di controlli” afferma Enrico Seta, presidente dell’Agenzia nazionale disabilità e lavoro (Andel) “è questo il motivo principale”. A pagarne le spese, ovviamente, sono i disabili: per loro, il lavoro rappresenta un’opportunità per trascorrere una vita più autonoma e soddisfacente. Invece, come afferma il presidente di Andel, la disoccupazione diventa “l’inizio della depressione e della perdita dei progressi fatti in tutta una fase di ascesa in una vita comunque complessa.
Come si vede la situazione non è certamente facile e i problemi si acuiscono al Sud. Si dovrebbe attuare una strategia dal basso, compro progetti a medio e lungo termine che coinvolgano le famiglie, le istituzioni, le imprese, gli enti del terzo settore è il privato sociale. Perché la disabilità non è un monolite, ma invece un insieme disarmonico di monadi isolate che sulttuano spesso nel mare magnum della disperazione, dove le famiglie si sentono abbandonate e brancolano nel tentativo di garantire un futuro vivibile ai propri figli dopo che loro non ci saranno più.
In questa situazione data, come si muovono e come si muoveranno i filtri per l’impiego? C’è una specifica strategia per l’inclusione lavorativa delle persone disabili, che si articoli, oltre e dentro la legge 68 del 99?
Se per chiunque il lavoro è propulsore di energie positive, per i disabili che possano espletarlo, nelle forme e nelle modalità individuate, può diventare un’attività addirittura curativa e generatrice di un Sè piú strutturato e lineare.
Progetti individualizzati e contestualizzati al territorio di pertinenza si crede possano far scaturire comuni strategie di intervento, con piani a lungo e medio termine, che diano alle parti reciproco profitto.
Michele Pacciano
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