L’indotto di fabbriche e le ditte in appalto legate all’attività di Acciaierie d’Italia, dopo gli ultimi fatti connessi alle difficili relazioni industriali all’interno dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, sono in fibrillazione. Si rischia il collasso economico di un’intera area e i contraccolpi negativi potrebbero colpire tutta la provincia. Gli imprenditori del comparto denunciano il rischio di dover ricorrere a licenziamenti ed ammortizzatori sociali. La crisi morde anche in agricoltura e il turismo non decolla. In Puglia non si assiste solo ad una fuga di cervelli, ma i giovani che ce la fanno preferiscono tentare la sorte facendo i camerieri ben pagati a Dusseldorf o Londra, piuttosto che rimanere qui ad aspettare il lavoro che non c’è.
Un’alternativa sarebbe la Green Economy, ma anche quella non è esente da rischi. In ogni caso bisogna rimboccarsi le maniche e tentare nuove strade che non contemplino la monocultura dell’acciaio. Mentre Ginosa, che è sempre stata un potente bacino di manodopera per gli altoforni e per i servizi, insieme alla Marina, vive la situazione di riflesso e prova a pensare e costruire nuovi scenari possibili.
Non si può sempre rimanere dilaniati nell’eterno dilemma tra lavoro e salute.
I pullman partono ancora verso Taranto, magari non più nella notte, con i tubi di scappamento e le sigarette accese, ma gli operai sono cambiati. Forse si sentono più soli.
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