“La mia città Kherson nel sud dell’Ucraina è stata occupata dai Russi sin dal primo giorno di guerra, il 24 febbraio. Mia madre, dalla finestra, ha visto una grande fiammata. Poi le hanno telefonato che era iniziata la guerra. Nessuno se lo aspettava. Non ci sono stati combattimenti. Le nostre truppe si sono ritirate subito. Ma tutti siamo nell’angoscia dei bombardamenti. In Ucraina ci sono mia nonna, mia madre e i miei due figli. Il primo di 23 anni sposato l’anno scorso e ha una bambina di nove mesi. Siamo tutti controllati dai militari russi che ci sequestrano i telefoni per timore che trapelino informazioni e video”.
Natasha è in Italia dal 2014, da quando è iniziato lo scontro tra russi e ucraini. La guerra dimenticata che è alla base dell’attuale conflitto. Centinaia di morti sul terreno”. Lei era andata a Kiev poi è ritornata a Kherson per riparare in Italia e iniziare a lavorare come badante a Taranto. Poi ha conosciuto il suo attuale compagno, Michele Cremis, e ha cominciato a lavorare nella sua ferramenta a Ginosa. Ora l’unico suo legame con la patria è il cellulare e le diverse chat con i connazionali. Riesce a stento ogni giorno a comunicare con i suoi cari, piena di angoscia nel cuore.
D. Cosa possiamo fare concretamente per aiutare l’Ucraina in guerra?
“Occorrono derrate alimentari e beni di prima necessità, ma l’emergenza si verificherà anche dopo la guerra. Manca tutto, non c’è acqua e scendiamo nelle cantine che fungono da bunker. Abbiamo bisogno soprattutto di corridoi umanitari, di andar via. Alcuni riescono a uscire, ma molti rimangono intrappolati sotto i bombardamenti”.
D. Tu vorresti portare la tua famiglia qui?
“La situazione è molto difficile. Mio figlio di 23 anni non può lasciare l’Ucraina. Mia nonna e mia madre non verrebbero mai da sole”.
D. Tu come ti trovi a Ginosa?
“Bene, è un paese piccolo, raccolto che mi ha fatto sentire subito a casa, ma il cuore adesso è a Kherson. Nel 1991 con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, abbiamo firmato il trattato di Budapest rinunciando ai nostri impianti e armi nucleari, sperando nella pace. Ma il clima di democrazia è durato poco. Ora il nostro presidente chiede aiuto in base a questo trattato che ci sembra sia stato tradito e nessuno ne parla mentre cadono le bombe”.
D. Quale è l’ultima cosa che hai detto a tuo figlio?
“Ogni notte cerco di rassicurarlo che finirà presto, la mia città non può diventare russa. Mia madre è originaria di Donetsk, mia zia e mia cugina sono lì, da due anni non si possono Vedere per le restrizioni. Putin vuole fare dell’Ucraina un’immensa regione russa. Non è possibile. Perché’ noi non possiamo diventare europei? Perché’ non possiamo essere indipendenti”?
A Kherson e in Ucraina la guerra e la pace si combattono anche sul web e quella di Natasha è una voce di libertà. Non la sola.
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