Ieri sarebbe stato il compleanno di Piero Terracina, uno degli ultimi testimoni della Shoah, deportato con la sua famiglia Ad Auschwitz, dopo una delazione, unico sopravvissuto tra i suoi cari.
Vorrei ricordarlo per gli intensi attimi che mi ha donato, quando l’ho conosciuto, quando ci ho parlato.
La vita lo aveva costretto ad essere testimone; e lui non si sottraeva, raccontava, a rinnovare un dolore indicibile, che ti squarta l’anima e le ossa, ma che lui sublimava nel grande amore, nel dolce sguardo del ricordo, della famiglia perduta, la cui pena si deposita come pietra sul greto di un cuore ferito e mai rimarginato.
Zakhor, ricorda, intima un verso biblico. Tutti abbiamo il dovere di non dimenticare.
Tuttavia dobbiamo avere gli occhi fissi e vigili sull’oggi e sul tempo presente.
Allora mi viene in mente il triste e squallido episodio dei ragazzi di Amnesty International, che a Napoli hanno strappato e buttato nel cestino il manifesto con i bambini israeliani rapiti dai terroristi di Hamas, mentre uno studente
israeliano, filmava la scena nel momento stesso in cui glieli porgeva.
In guerra non muore solo la verità, muore anche la pietà. E al di là della retorica di facciata, sembra che per alcuni i bambini non siano tutti uguali.
Se c’è una differenza da rimarcare, lo faccio senza vergogna: c’é differenza tra chi uccide deliberatamente donne e bambini e vecchi. E chi in una guerra asimmetrica, cerca di evitare le vittime civili, mentre i terroristi si nascondono sotto terra come iene furenti usando donne e bambini come scudi umani, come ha rilevato tra gli altri anche la Presidente del Parlamento Europeo Ursula Vonderlein.
Dopo la Shoah, la più grande tragedia dell’umanità, gli ebrei non hanno riversato il loro odio contro i tedeschi, hanno speso le loro migliori energie, per dissodare il deserto e farne uno Stato, in cui nessuno avrebbe potuto più perseguitarli, perché finalmente erano a casa loro.
Il 7 ottobre 2023, tutto questo è cambiato. Israele come la conoscevamo, dicono i miei amici che ci vivono, non esiste più. Ma gli ebrei hanno giurato che non ci sarà mai più un’altra Masada.
La guerra è brutta su tutti i fronti. Questa guerra è un lutto continuo che mi ha devastato la mente e il cuore. La pace non si fa con le marce e con posizioni apodittiche, ideologiche, che pure in perfetta buona fede, finiscono per risultare preconcette e pregiudiziali. Non ho visto la manifestazione di ieri a Bari, non mi permetto di giudicare. Non c’ero. La Puglia è stata da sempre terra di incontro e di approdo, crocevia per molti ebrei che dall’800 alla seconda metà del Novecento raggiungevano Israele, sbarcando nel porto di Haifa.
Non ho mai approvato alcune posizioni del governo Netanyahu, ma adesso in Israele la priorità è vincere la guerra contro il terrorismo, pena la sua stessa sopravvivenza.
L’esercito non si può fermare ora, bisogna prima smantellare tutte le strutture di chi ha organizzato ed attuato la strage del 7 ottobre, le cui vittime e i cui ostaggi, la sinistra italiana ed Europea sembra aver repentinamente dimenticato. Ma forse, contemporaneamente si può aprire un fronte diplomatico sotterraneo a cui probabilmente si sta già lavorando. Mi ripugna dirlo, ma in una prospettiva futura, per la sua stessa sicurezza, per rompere il fronte del nemico, Israele potrebbe compiere un gesto eclatante, forse liberando qualche esponente laico di spicco della galassia palestinese, magari ormai da anni nelle carceri dello Stato ebraico per atti di terrorismo.
Per ora questa rimane un’ipotesi fantapolitica, al crepitare del fuoco e delle bombe.
Tuttavia, come diceva Ben Gurion, per essere realisti, in Israele bisogna credere ai miracoli.
Michele Pacciano
PIÙ COMMENTATI