Nella mattinata odierna i Carabinieri del NOE e i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Taranto hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare per 13 persone (10 in carcere e 3 ai domiciliari), al sequestro di 2 automezzi nonché al sequestro per equivalente di più di 200.000 euro disposti dal GIP del Tribunale di Lecce, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia a carico di diversi soggetti ritenuti responsabili di illecito smaltimento di rifiuti per i reati previsti dagli articoli 416 c.p. (Associazione per delinquere) e art. 452 quaterdecies c.p. (Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti) e reati connessi.
L’indagine, convenzionalmente denominata “All Black” e che vede 44 persone ed una società campana di trattamento dei rifiuti a vario titolo indagate, coordinata dalla Procura della Repubblica- DDA di Lecce, deriva dalla riunione di due distinte attività investigative seguite dei Carabinieri del NOE di Torino e Lecce e dei Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Taranto, che pur partendo da presupposti diversi, convergevano su alcuni indagati.
Per quanto riguarda i Carabinieri del NOE, l’attività si è originata nel maggio 2018 a seguito del sequestro di un autotreno, che aveva effettuato uno scarico illecito di rifiuti nella campagna di Lombardore (TO), operato dai Carabinieri della Stazione di Leinì (TO) e del Gruppo Carabinieri Forestali di Torino, a cui si affiancavano, da ottobre 2018, i militari del NOE di Torino per lo svolgimento dei conseguenti approfondimenti investigativi. Veniva così individuato un gruppo di faccendieri di Lecce e Taranto i quali, ognuno con un proprio ruolo e creando società fittizie dotate di false autorizzazioni, offrivano siti inesistenti per lo smaltimento di rifiuti per il tramite di una società di intermediazione di rifiuti piemontese, non iscritta all’albo gestori rifiuti. Iniziavano allora tutta una serie di contatti, monitorati dai militari operanti, tra questi intermediari e alcune aziende, attive nel trattamento dei rifiuti, site nel torinese e nel bresciano allo scopo di far confluire ingenti quantitativi di rifiuti (soprattutto 19.12.12 e 17.03.01) in alcune località del leccese e del tarantino. Le difficoltà organizzative e i rischi nel far affrontare così lunghi viaggi a rifiuti in una situazione di completa illegalità, facevano insorgere dei contrasti tra gli organizzatori, determinando, così, la scissione del gruppo pugliese con i broker piemontesi. Il sodalizio pugliese si organizzava per creare un’altra direttrice di traffico reperendo con successo produttori di rifiuti nell’area ben più accessibile del casertano e del reggino. Su questa nuova direttrice di traffico investigata Carabinieri si sovrapponeva una parallela attività della Guardia di Finanza di Taranto. Dopo i sequestri di rifiuti effettuati dai Carabinieri nelle campagne di Lecce e Surbo (LE), la Procura della Repubblica di Torino – Direzione Distrettuale Antimafia fino ad allora competente per il procedimento piemontese, riteneva di stralciare gli esiti delle investigazioni sul “traffico pugliese” per trasmetterli alla DDA di Lecce territorialmente competente.
L’A.G. salentina aveva in corso analoghe attività investigative condotte dalla Guardia di Finanza di Taranto che avevano permesso di far emergere un ingente traffico illecito di rifiuti perpetrato, in modo sistemico, da un gruppo criminoso, operante nel territorio jonico, dedito alla commissione di plurime attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti e di falsi in autorizzazioni amministrative, attuato mediante la predisposizione di mendaci autorizzazioni ambientali che attestavano in capo a società di comodo, la disponibilità di impianti autorizzati per il trattamento dei rifiuti ovvero di siti abilitati allo stoccaggio degli stessi.
Le indagini hanno permesso di ricostruire molteplici operazioni illecite di movimentazione di ingenti quantità di rifiuti, urbani ed industriali, anche di tipo pericoloso, aventi origine prevalentemente dalla Campania e dirette per lo sversamento in Puglia, segnatamente nelle località in provincia di Lecce e Taranto, che venivano smaltiti o previo sversamento sul suolo con successivo “tombamento”, ovvero abbandonati all’interno di capannoni industriali in disuso e successivamente dati alle fiamme.
Un traffico illecito dai connotati complessi, che si sono manifestati attraverso dinamiche soggettive articolate, coinvolgendo una pluralità di soggetti – produttori, trasportatori, intermediari, riceventi, deputati allo scarico e alla ricerca dei siti ove “tombare” i rifiuti etc. – che hanno fornito, ognuno per la loro parte, forme diverse di contributo, anche di natura tecnica.
L’attività svolta ha chiaramente documentato come lo smaltimento illecito di rifiuti abbia generato un danno ambientale di rilevanti proporzioni, essendo state illecitamente smaltite più di 600 tonnellate di rifiuti speciali, anche di tipo pericoloso, generando, altresì, una concorrenza sleale tra le aziende produttrici del medesimo rifiuto.
I motivi che hanno spinto gli indagati ad organizzare un traffico illecito di rifiuti diretto al territorio pugliese sono da ricollegare alla convergenza di diversi fattori.
In primis la centralità di uno dei soggetti indagati che poteva vantare numerosi contatti con imprese produttrici di rifiuti – anche pericolosi – che, alla luce delle contingenti difficoltà ad utilizzare il mercato di sbocco privilegiato cinese, avevano necessità di reperire siti di smaltimento sul territorio nazionale. In secondo luogo, la breve distanza, in termini geografici, tra le aziende produttrici e la destinazione dei rifiuti che aveva permesso al sodalizio di raggiungere due importanti obiettivi: contenere i costi di trasporto ed esporre i compiacenti autotrasportatori a minor rischio di controllo da parte delle Forze di Polizia lungo il tragitto.
Complessivamente sono stati individuati e documentati 28 conferimenti illeciti per un totale complessivo di più di 600 tonnellate di cui almeno 142 tonnellate classificate come rifiuti pericolosi.
Nel corso delle indagini sono stati eseguiti, nella flagranza del reato, sei sequestri di rifiuti, in procinto di essere sversati in capannoni e cave ubicate nelle province di Taranto e Lecce otre alla ricostruzione documentale di numerosissimi sversamenti effettuati attraverso la falsificazione dei relativi FIR nonché la clonazione di autorizzazioni amministrative.
Per quanto riguarda l’origine dei rifiuti (plastiche, gomme, ingombranti, guaine catramate e fanghi,) gli stessi provenivano in massima parte da un’azienda autorizzata al trattamento sita a Sparanise (CE) che, grazie a questo sistema, riusciva ad abbattere fortemente i costi di gestione.
L’indagine, svolta con grande spirito collaborativo e di coordinamento fra i diversi Uffici Giudiziari, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, ha consentito dunque di disarticolare un pericoloso sodalizio delinquenziale evidenziando, ancora una volta, come il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti siano divenuti una delle attività più remunerative per la criminalità che, incurante dei rilevantissimi danni ambientali causati, si dimostra sempre più pervasiva nel settore, richiedendo un’azione di contrasto da parte degli Organi di Polizia sempre più incisiva.
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