NOTA STAMPA
Non vi è dubbio che il PNRR rappresenti una irripetibile opportunità per il nostro Paese, ma che contenga anche dei rischi per i nostri territori. Un grande potenziale nemico sembra essere il fattore tempo. I fondi dovranno essere impegnati entro la fine del 2023, e gran parte degli esborsi dovrebbe esser fatta entro il 2024, per potenziarne l’effetto anticiclico.
Questo cronoprogramma è lontano anni luce da quelli che sono gli standard del nostro Paese in termini di capacità di spesa dei fondi comunitari. Le amministrazioni pubbliche italiane hanno purtroppo dimostrato negli anni di avere una storica, quasi “cronica”, incapacità di effettuare sistematicamente valutazioni ex ante dei Progetti e valutazioni ex post dei loro risultati. Un limite enorme che ci ha sempre impedito di sfruttare adeguatamente le possibilità offerte dall’utilizzo dei fondi comunitari e che ci ha portato, ad esempio, a spendere soltanto 34 dei 73,73 miliardi a sua disposizione derivanti dai “Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020”.
È quindi necessario che tutti gli attori che saranno coinvolti nell’attuazione degli interventi, primi tra tutti gli enti locali – che costituiscono un imprescindibile anello di congiunzione tra Stato e territorio – facciano uno sforzo straordinario per assicurare ritmi senza precedenti in termini di progettazione, attuazione e rendicontazione dell’ambiziosissimo parco progetti per il quale il Piano ha gettato le basi.
Per sopperire a tutte queste criticità, è fondamentale che gli enti locali uniscano le forze e che si muovano sempre di più nella direzione della progettazione condivisa. Convenzioni e collaborazione tra uffici ed enti, possono essere la risposta per far sì che anche i territori più periferici, fatti di piccoli centri, non restino fuori dalla partita del PNRR.
Solo unendo le proprie forze e facendo rete attraverso le varie forme di associazionismo, più o meno strutturate (dalle unioni alle fusioni, dalle convenzioni relative a specifici servizi passando per semplici accordi “di scopo”, magari sotto la guida di specifiche cabine di regia create ad hoc per gestire dei maxi progetti), i piccoli comuni possono mettersi in condizione di cogliere l’opportunità del Recovery e assicurare standard più alti e costi inferiori, sopperendo così a quei limiti atavici che si portano dietro da decenni.
In questo contesto, ritornare a parlare di Comunità allargate, rappresenti non più un’opportunità ma un obbligo.
Massimo De Luca
Coordinatore
Con Ginosa e Marina di Ginosa
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