La denuncia di una madre: «Ho un figlio disabile ma la banca ci sfratta»
La dolorosa vicenda di una donna alle prese con la burocrazia
«Non voglio la pena di nessuno, né tantomeno l’elemosina di nessuno, perché, anche se ho perso la casa in cui abito da oltre vent’anni e sono la madre sola di un ragazzo autistico, non sono disperata. Chiedo soltanto il rispetto della legge e non mi arrenderò fino a quando non avrò vinto la mia battaglia».
La storia di Adriana Parisi comincia nel 2016, quando si separa da suo marito. L’odissea attraverso gli avvocati è lunga e stancante. Ma il faticoso viaggio per affermare il suo diritto ad una vita dignitosa è ben diverso da quello, comunque difficile, che affrontano altre madri divorziate. La battaglia di Adriana non è contro il suo ex marito, ma insieme a lui. La separazione è stata consenziente anche perché la coppia ha tre figli, ed uno, Saverio, già in età da matrimonio, è un ragazzo autistico. Il suo papà non gli fa mancare nulla anche dopo il divorzio: passa gli alimenti ad Adriana, paga le rate del mutuo e affronta costosissime spese per le terapie, indispensabili per Saverio e per consentirgli attività extra che possano migliorare le sue difficoltà di socializzazione. Poi però non ce la fa più. Il padre di famiglia, che anche da separato non è mai venuto meno ai suoi doveri, continua ad affrontare tutte le spese necessarie. Ma è l’operaio di una ditta del Comune e lo stipendio è quello che è. Da qualche parte deve stringere e inizia a pagare in ritardo le rate del mutuo; poi finisce per non pagare più. E la banca rivuole la casa indietro. Comincia il tour tra gli avvocati. E sembra che tra le carte e la burocrazia la disabilità di Saverio scompaia. Si arriva al pignoramento dei beni per debito. La casa finisce all’asta. Qualcuno la compra a poche migliaia di euro, in barba ai sacrifici di una vita intera per un appartamento modesto, ma di proprietà; e ad Adriana viene “ordinato” di andare via. Ma lei, invece di fare le valigie, scrive al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e poi anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Le rispondono. Ma la storia non prende una piega diversa da quella che adesso Adriana Parisi racconta alla “Gazzetta”.
«Mi chiedo – dice Adriana – se possa un atto pubblico essere non conforme alla realtà. In questo caso è la mia realtà. E io non mi arrendo. Ma penso a tante famiglie di disabili che vivono il mio stesso duplice dramma. La gente deve sapere che i costi che noi affrontiamo non sono superflui, ma indispensabili. Non acquistiamo scarpe firmate per i nostri figli. Ci indebitiamo per portarli in terapia, sperando che possano fare progressi. Anche un piccolo, impercettibile miglioramento per noi è una conquista. E venderemmo anche gli occhi per rendere più sopportabile l’esistenza dei nostri ragazzi».
Quella che sembra un’ovvietà, non lo è nella vita di Adriana: «Ho incontrato una marea di avvocati e mi sarebbe piaciuto che qualcuno facesse il suo lavoro, difendendo i clienti e non i colleghi. Vorrei più trasparenza. E rispetto. Devo pagare un debito, non una condanna. Invece stanno ignorando la presenza di un disabile nella mia famiglia. Non sono una di quelle persone che occupano case indebitamente. In quel caso, forse, otterrei più attenzione e rispetto. Chiedo solo tempo per trovare un’altra casa, che al momento non posso permettermi».
Adriana Parisi ha creato l’hashtag #ioStoConSaverio, che è seguitissimo. Ma non ha ancora concluso la sua odissea. «Siamo arrivati sin qui – dice la donna – perché tutti gli atti non ci sono stati mai notificati. Né a me, che non mi sono mai mossa dalla stessa residenza dalla quale vogliono mandarmi via, né al mio ex marito. Intanto, nostro figlio, una persona estremamente fragile, vive un calvario assurdo, dopo tutti i sacrifici da noi fatti in questi anni proprio per proteggerlo da sconvolgimenti e stress emotivo».
Adriana è andata in tribunale a bussare alla porta del giudice che ha esaminato il suo caso: «Mi sono sentita dire da qualcuno che non è conviene fare “casino” altrimenti mi tolgono mio figlio».
Terrorizzata al solo pensiero, la donna ha girato i tacchi ed è tornata a casa. Proprio in quella casa da dove deve andare via.
«Voglio solo del tempo – insiste Adriana Parisi – quello necessario a trovare una residenza che non destabilizzi Saverio. Per lui la routine è fondamentale. E cambiare dalla sera alla mattina appartamento potrebbe essere deleterio. Ha bisogno del tempo necessario per inserirsi nel nuovo ambiente. Come si fa a negare questo diritto ad una persona autistica?».
Adriana è arrivata alla risposta: «La legge non è uguale per tutti. Lo è solo sulla carta se ci difendono gli imbroglioni. Chi gestisce il mercato delle aste forse non è sempre trasparente e fa il gioco di chi compra a mano bassa per guadagnarci il doppio. A spese degli altri. Delle vite degli altri».
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