Il viaggio di Enrico Letta nelle realtà territoriali, per l’impossibile rilancio del PD, che scacci da sé, l’ombra di partito della ZTL, è cominciato improvvidamente dall’Ilva e da Taranto.
Tuttavia, il volenteroso e blasonato segretario del Partito Democratico, sembra aver imboccato una china disastrosa, non gliene ne va bene una: quando la gente fatica ad arrivare a fine mese e la precarietà ammorba tutti; e si mangia le ultime certezze, il prode Enrico, si ostina a parlare di Ius soli e di voto ai sedicenni.
Mai un accenno concreto al lavoro, al rilancio delle imprese e dell’economia. E soprattutto su come farlo. Ci mancava anche la tassa di successione. Tutte cose e teorie estremamente condivisibili, in un mondo futuribile, ma assolutamente sbagliate, nei tempi e nei modi, nel periodo in cui stiamo vivendo.
La sinistra, o quello che ne rimane, cioè sul territorio quasi nulla, se non nelle roccaforti, che riesce ancora a mantenere e a tratti saggiamente amministrare, appare destinata a un indecoroso harakiri, che apra le porte e stenda i tappeti rossi alle destre più becere di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni.
La sinistra vanta ancora nelle sue fila una presunta classe dirigente capace e competente, ma se il disegno è quello di autodistruggersi, o di farsi fagocitare dal nuovo Movimentando 5 Stelle, targato Giuseppe Conte, il PD non ha che da dirlo chiaramente.
Non si capisce, ad esempio, in vista delle prossime elezioni amministrative, nella lotta per la leadership nelle grandi città come a Roma, perché non abbia scelto decisamente Calenda, cercando un approccio realmente unitario, invece di imbarcarsi in una lotta fratricida, scegliendo il samurai Gualtieri, per rimarcare una presenza che rischia di favorire la Raggi.
A Taranto, Letta ha preso l’ennesima cantonata, dichiarando che la situazione della capitale ionica potrà essere risolta non prima dei prossimi 30 anni e prendendosi i fischi, insieme con Cingolani, ministro fantasma di quella Riconversione ecologica, che nessuno ha ancora capito che cosa sia, degli operai e dell’intellighenzia Tarantina, che per una volta si sono ritrovati uniti.
Non si può andare avanti così. Ci vuole un deciso cambio di passo. Lo ha detto a chiare lettere anche il Presidente della Regione Emilia-romagna, quel pragmatico di Stefano Bonacini: Bisogna rimettere il lavoro al centro. Ma è difficile che Letta lo faccia, tranne che qualcuno lo convinca a lasciare l’Iperuranio e a scendere sulla Terra.
Michele Pacciana
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