TARANTO – la crisi dell’Ilva ha bruciato 50 miliardi del PIL. Lo Stato non entrerà in minoranza nella società che gestirà l’ex impianto Ilva di Taranto. Ma sarà anche nella governance, amplierà pian piano il proprio ruolo azionario e avrà un compito di indirizzo. La trattiva tra la parte pubblica e ArcelorMittal è a uno «stato avanzato» e “confidiamo che si possa concludere positivamente nei tempi previsti», afferma l’’ad di Invitalia, Domenico Arcuri, facendo oggi il punto sul futuro degli stabilimenti ex Ilva, nel corso di una videoconferenza alla quale hanno partecipato anche i sindacati metalmeccanici e i ministri dello Sviluppo economico Patuanelli, del Lavoro Catalfo e dell’Economia Gualtieri.
La dead line resta fissata al 30 novembre, data entro la quale ArcelorMittal e i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria dovranno sottoscrivere un nuovo contratto di investimento, così come stabilito nell’accordo di modifica del contratto di affitto del 4 marzo 2020.
Lo scenario al quale si lavora, ha confermato Arcuri, è quello che prevede l’attuazione del piano quinquennale elaborato a marzo nella sua sostanziale totalità. Uno dei punti cruciali resta quello della governance e del ruolo che avrà lo Stato. Secondo quanto riferito dai sindacati al termine del tavolo, l’intenzione della parte pubblica sarebbe quella di non entrare in minoranza nella nuova compagine societaria. «È previsto – ha spiegato l’ad di Invitalia – un ingresso del socio pubblico da subito, e un finale assetto azionario in cui la presenza della parte pubblica sarà ancora più rilevante rispetto all’inizio». Ma non si tratterà, secondo Arcuri, solo di una presenza azionaria, perché «il socio pubblico condividerà la governance dell’azienda fin dal primo giorno».
Quanto ai livelli occupazionali l’obiettivo è la progressiva salita degli impianti produttivi fino alla soglia delle 8 milioni di tonnellate annue, con conseguente impiego della totalità della forza lavoro.
Parole che, in attesa di nuovo incontro che si terrà, presumibilmente, alla fine della prossima settimana, non sembrano aver convinto i sindacati. «Non sappiamo se sarà rispettato il termine del 30 novembre», ha dichiarato la segretaria generale Fiom-Cgil, Francesca Re David, che ha sottolineato come per il sindacato resti valido l’accordo firmato nel 2018. «Non si pensi – ha ammonito Re David – a un accordo sindacale che ratifichi semplicemente decisioni già prese e che metta in discussione la salvaguardia di tutta l’occupazione». Per il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, «non è più il tempo degli scenari», ma serve “conoscere effettivamente quali sono le condizioni e i tempi previsti dall’ipotetico accordo». Di «incontro interlocutorio» e piano industriale «troppo oscuro» ha parlato invece il segretario della Fim-Cisl Roberto Benaglia, sottolineando come “a 17 giorni dal termine di scadenza del contratto del 30 novembre» non si possa avere «questo livello di incertezza».
Sindacati perplessi. (La Gazzetta del Mezzogiorno)
PIÙ COMMENTATI