Due cicli di chemio in soli 10 giorni. La terapia che avrebbe dovuto salvarlo lo ha portato alla morte. Aveva 63enne il protagonista di questa storia ed era affetto da «Amiloidosi sistemica», una degenerazione del tessuto connettivo, malattia anche più grave di alcune forme tumorali: l’amiloidosi sistemica irrigidisce infatti quelle strutture portanti di organi e apparati del corpo. Ma quell’uomo sperava nella medicina. L’istituto di Pavia, dove era stato in cura, aveva prescritto una serie di cicli di «Alkeran», un farmaco che avrebbe dovuto limitare l’espandersi della malattia. L’istituto aveva però previsto tempi lunghi, e soprattutto di controlli. Soprattutto tra un ciclo e l’altro.
Tornato a Taranto il 63enne si è rivolto al suo medico di famiglia che gli ha fornito in pochi giorni tutte le ricette dei 4 cicli. Erano le feste di Natale del 2016 e qualche giorno dopo, il 2 gennaio 2017, l’uomo ha iniziato la cura. Pieno di speranze, ma probabilmente privo di quelle informazioni preziose necessarie quando di intraprende un percorso come quello della chemioterapia. Con le ricette si è recato in una farmacia a pochi metri da casa e a cominciato ad assumere i farmaci. Come emerge dalla denuncia fatta dai familiari attraverso l’avvocato Fausto Soggia, il paziente avrebbe dovuto assumere 6 compresse di «Alkeran» al giorno per 4 giorni consecutivi per un totale di 24 compresse e poi sottoporsi a una serie di esami per valutarne gli effetti: il medico di famiglia, secondo quanto prescritto dall’istituto di Pavia avrebbe in sostanza dovuto stabilire se le sue condizioni fossero buone al punto da proseguire la cura che, pur essendo una speranza per coloro che hanno contratto malattie gravi, resta comunque particolarmente debilitante. Quel controllo, però, stando a quanto emerge dall’inchiesta non c’è mai stato. E il 9 gennaio l’uomo ha ripreso la cura: ha assunto altre 24 compresse fino al 12 gennaio. Un totale insomma di 48 compresse in soli 10 giorni.
Gli effetti, purtroppo, si sono manifestati pochi giorni dopo: i medici dell’ospedale si sono immediatamente accorti che quella cura aveva profondamente compromesso il suo sistema immunitario e, infatti, il 19 gennaio il 63enne è deceduto. Dopo la denuncia dei familiari, la procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti del medico di famiglia e anche del farmacista che aveva dispensato il medicinale. Nel corso dell’udienza preliminare, però, l’avvocato Diego Maggi è riuscito a dimostrare l’estraneità del farmacista rispetto alle accuse della procura: il farmacista, quindi è stato prosciolto, mentre per il medico il tribunale ha disposto il rinvio a giudizio e sarà un processo a determinare se vi siano state sue responsabilità nella morte dell’uomo.
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