Sono esasperati. Il prezzo del carburante, nuovamente in rialzo, finisce per metterli in ginocchio. Così i pescatori tarantini aderenti ad Agci Pesca e a Legacoop lunedì 30 maggio hanno inscenato una clamorosa azione di protesta: dapprima si sono dati appuntamento alla tradizionale banchina di via Garibaldi, in Città Vecchia; poi si sono diretti davanti ai cancelli della raffineria Eni. «Dal punto di vista della diminuzione del costo del gasolio – ha detto Cosimo Bisignano (Legacoop agroalimentare Taranto-Dipartimento Pesca) – la situazione non accenna a risolversi. Anzi, è diventata più grave rispetto a due mesi fa, perché non c’è stata alcuna risposta da parte del Governo. Anche per questo è necessario portare questa protesta su un livello nazionale.
Sono ferme tutte le marinerie italiane, tutti i compartimenti marittimi. Noi ci adeguiamo a questa mobilitazione continuando e ritornando a chiedere al Governo di esprimere una volontà politica relativamente a questa situazione. Sono state fatte delle proposte che adesso, però, sono divenute inopportune, intempestive. È passato troppo tempo da quando queste sono state avanzate, niente è stato fatto per cercare di ridurre il disagio della categoria. Adesso ci ritroviamo nella stessa situazione e quindi gli operatori decidono di non uscire in mare perché non è più conveniente dal punto di vista economico». «Per una giornata lavorativa – ha spiegato Bisignano – indicativamente si spendono da 400-450 fino a 800 euro al giorno solo per il carburante del peschereccio. Con costi del genere è molto difficile rientrare nelle spese. La forbice costi-ricavi, purtroppo, si è ristretta tantissimo. Spero che il Governo faccia uno sforzo, anche perché negli ultimi tempi ci stiamo rendendo conto che l’autonomia non solo energetica ma anche alimentare sta diventando una priorità per il nostro Paese».
«Stiamo vivendo – ha concluso Bisignano – il problema del grano, dell’olio di semi. Non vorremmo che anche la pesca facesse la stessa fine. Annientare e azzerare l’autonomia ittica nel nostro Paese significa non poter più mangia re pesce. Se questa problematica deve diventare strutturale ci vorranno degli interventi altrettanto strutturali, e non solo “emergenziali”, per il nostro settore». Quello del caro carburante e degli effetti che sta innescando nel mondo della pesca è ormai una emergenza nazionale. E a livello centrale se ne sta occupando l’Agci, l’Associazione generale delle cooperative italiane, con il suo presidente Giovanni Schiavone. «Siamo impegnati su questo fronte – ha dichiarato il presidente Schiavone al nostro giornale – al pari di altre associazioni come Legacoop e Confcooperative. Siamo stati ricevuti dal sottosegretario alle politiche agricole, con delega alla pesca, Francesco Battistoni, il quale ha condiviso le nostre preoccupazioni».
La questione non appare tuttavia di facile soluzione… «Il governo non può intervenire sul prezzo del carburante perché quello è il prezzo industriale, le accise non ci sono più. Il governo, allora, ha deciso di sostenere il settore attraverso il credito di imposta, già nel primo e secondo trimestre 2022, ma questa è una soluzione che non soddisfa gli operatori nell’immediato, trattandosi di un provvedimento che dispiega i propri effetti nel corso del tempo. Il Ministero si è riservato di cercare altre soluzioni. Ci sono 20 milioni di euro di finanziamento a fondo perduto per la pesca e l’acquacoltura: si tratta dio una misura ancorata agli stessi parametri utilizzati per l’emergenza Covid». C’è però un dubbio che il presidente Schiavone avanza sulla vicenda del caro carburante: «Oggi il barile costa meno di due anni fa, quando alla pompa, tuttavia, il carburante costava la metà. Quindi è del tutto evidente che siamo di fronte ad una speculazione delle lobby nazionali e internazionali. Il conflitto bellico in Ucraina non c’entra nulla con l’aumento dei prezzi. Il governo si è impegnato ad effettuare dei controlli. Intanto è stato attivato un tavolo permanente di confronto e speriamo di poter ottenere buone notizie già nelle prossime ore».
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