Hanno sbagliato palazzo, non c’è che dire. O almeno il pianerottolo. Non potevano sapere che lì accanto viveva un poliziotto. Un rumore sospetto, la prontezza di riflessi, la capacità di rendersi conto immediatamente del pericolo, la lucidità nell’agire facendo la cosa giusta. Professionalmente. Risultato: tentativo di furto sventato e presunto ladro, un georgiano di 30 anni, arrestato in flagranza di reato mentre, in compagnia di un complice al momento sfuggito alla giustizia, armeggiava per entrare in un appartamento adiacente rispetto a quello in cui vive il poliziotto.
Quartiere Carrassi, è una serata di metà maggio. Fa caldo, sembra inizio estate. Un vice ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria della Procura è a casa, in famiglia. Ad un certo punto, intorno alle 22, sente rumori sospetti. Il primo pensiero va a un tentativo maldestro di entrare in casa da parte del nuovo vicino che ha appena traslocato. Poi, però, l’udito intercetta altro. I rumori dicono che fuori c’è qualcuno che sta provando a forzare la porta d’ingresso dell’appartamento accanto.
L’immagine che appare dallo spioncino è nitida: porta d’ingresso aperta ma non spalancata, luci spente, un uomo all’ingresso. A quel punto il poliziotto decide di intervenire. Le mandate di sicurezza aperte velocemente mettono il ladro in allarme. Il malvivente chiude la porta dell’appartamento nel quale stava per intrufolarsi. Prima prova a giustificarsi dicendo con accento russofono «cercavo un amico» e lo fa mostrando una chiave universale. Poi, guadagna velocemente le scale.
Il vice ispettore non perde tempo. Chiama i colleghi del 113 e fornisce loro una descrizione fisica dei malviventi. Fa l’investigatore e sa bene come fare. Subito dopo scende per strada. Insegue i malviventi. Individua un altro stabile nel quale almeno dei due trova riparo. Arriva una pattuglia della Polizia di Stato. I colleghi prendono l’ascensore con l’intenzione di scendere poi a piedi e perlustrare il palazzo non lontano da quello in cui aveva provato a mettere a segno il colpo. Se così fosse non avrebbe scampo perché il vice ispettore, in accordo con i colleghi, resta davanti al portone d’ingresso. Così accade. Il georgiano si trova davanti il poliziotto che gli intima di fermarsi. L’agente parla ad alta voce per allertare i colleghi e blocca fisicamente il malvivente che viene così arrestato in flagranza di reato.
La perquisizione personale effettuata dalla pattuglia dà esito positivo. Lo straniero aveva con sé un cacciavite e una chiave universale. Sul cellulare riceve numerose telefonate. Ovvio non possa rispondere. A quel punto, con il ladro ormai catturato, il vice ispettore fa rientro in casa per tranquillizzare la sua compagna terrorizzata. Ma non finisce qui perché più tardi, trasferito nel carcere di Turi lo straniero aggredisce un agente della polizia penitenziaria.
L’arresto eseguito dagli agenti è stato convalidato dal pm Marcello Barbanente per le ipotesi di tentato furto appartamento, possesso di strumenti atti allo scasso, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Anche l’udienza di convalida e contestuale processo per direttissima non è tra le più serene con il giudice Mario Mastromatteo costretto ad aggiornarla a ieri perché l’indagato dà in escandescenza in aula. Di qui l’aggiornamento all’udienza tenuta ieri al termine della quale la pubblica accusa ha chiesto una condanna a tre anni di reclusione.
Chissà, forse rimuginava sul fatto di non avere fatto i conti con un vice ispettore di polizia che resta poliziotto anche fuori dal servizio che, con i suoi colleghi intervenuti immediatamente sul posto, lo ha assicurato alla giustizia. Questa volta per il ladro georgiano ad aprirsi non è stata la porta di un appartamento da svaligiare, ma quella della cella di un carcere.
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