ROMA – Continuità discontinua. Potrebbe essere questa la sintesi rispetto al governo Draghi, chi si presenta a tutti gli effetti come un esecutivo del presidente con un fedelissimo di Super Mario all’economia, quel Daniele Franco che ne ha ripercorso le orme in Banca d’Italia. I partiti maggiori hanno in linea di massima 3 dicasteri a testa. Diciamo che è stato un compromesso al rialzo, come alcune conferme inamovibili visto il momento.
Il grande giorno è arrivato, Mario Draghi ha sciolto la riserva. Alle 19 si è recato al Quirinale e ha incontrato il presidente Sergio Mattarella comunicandogli la composizione del suo nuovo governo. Il giuramento è previsto per domani alle 12.
La squadra che affiancherà Draghi è composta da 23 ministri e, per ora, un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Come da previsione, si tratta di un esecutivo misto, composto da figure tecniche e figure politiche. Ci sono diverse novità, come il ministero per la Transizione ecologica, affidato a Roberto Cingolani; quello alla Transizione digitale, che sarà guidato da Vittorio Colao; e quello del Turismo, materia che sarà scorporata dai Beni culturali, che andrà al leghista Massimo Garavaglia; quello per la Disabilità, affidato a Erica Stefani.
Molte le riconferme, rispetto al governo Conte: Luciana Lamorgese all’Interno; Luigi Di Maio agli Esteri; Roberto Speranza alla Salute, Riccardo D’Incà ai Rapporti con il Parlamento; Lorenzo Guerini alla Difesa; Dario Franceschini alla Cultura; Elena Bonetti alle Pari opportunità e alla famiglia (Bonetti, esponente di Italia viva, si era dimessa assieme a Teresa Bellanova, non riconfermata, causando di fatto la crisi del governo Conte bis). Conferma anche per Stefano Patuanelli, che passa dallo Sviluppo economico all’Agricoltura, e di Paola Dadone, che passa alle Politiche giovanili.
Il ministero dell’Economia, forse il più importante della partita, viene assegnato ad un tecnico, Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia. Ad un politico, il leghista Giancarlo Giorgetti, considerato il vero fautore dell’avvicinamento di Matteo Salvini al progetto del governo di unità nazionale, è andato i dello Sviluppo economico, altro ministero «pesante» dal punto di vista economico. Un profilo tecnico di alto livello, quello di Marta Cartabia, già presidente della Corte costituzionale, è stato scelto invece per la Giustizia, che di fatto è stato il casus belli per la caduta del precedente esecutivo (le dimissioni di Conte sono arrivate alla vigilia di un voto sulla relazione del ministro uscente Alfonso Bonafede, per il quale la maggioranza non sarebbe stata autosufficiente). È un tecnico anche Enrico Giovannini, che aveva già avuto un’esperienza di governo, al Lavoro, con Enrico Letta e che qui viene chiamato ad occuparsi di Trasporti. E lo sono pure il nuovo ministro dell’Istruzione,Patrizio Bianchi; e quello dell’Università e della Ricerca, Cristina Messa.
Ci sono poi dei ritorni a ruoli ministeriali: per Renato Brunetta, alla Pubblica amministrazione; Maria Stella Gelmini, agli Affari generali e alle Autonomie; Mara Carfagna, al Sud e alla Coesione territoriale; Andrea Orlando al Lavoro.
(Corriere della Sera)
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